Le molteolici bugie della “Stampa” tra veleno, analisi psicofisiche e scenari da film di Hitchcock. La verità brucia, meglio driblarla

Ancora veleno, ogni giorno il tentativo di gettare ombre sul governo e su Giorgia Meloni. “La Stampa”, megafono della sinistra, fa opposizione ed è legittimo, figuriamoci. Il problema è che però la fa nel peggiore dei modi, costruendo “scandali” senza fondamento (come nel caso di Fazzolari), ricostruzioni che lasciano a desiderare, letture dei fatti a senso unico. “L’Europa di Zelensky isola Meloni”, il titolo di oggi in prima pagina. Non è vero, come dimostra l’accoglienza che da settimane la premier riceve in ogni angolo del mondo, negli incontri bilaterali e nei colloqui con i leader di altri Paesi. Forse è proprio questo che dà fastidio perché – in campagna elettorale – la sinistra aveva disegnato scenari catastrofici. Pd, compagni e giornaloni avevano consultato la sfera di cristallo dando un responso da Cassandra: a causa della destra l’Italia rimarrà isolata. Guarda caso, al primo appiglio “La Stampa” fa riferimento all’isolamento.

Sarebbe stato più corretto parlare di gaffe della Francia e non dell’Italia, perché  la cena organizzata da Macron con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente ucraino Zelensky è stata un errore. Un chiarissimo errore diplomatico, com’è sotto gli occhi di tutti. Evidentemente dirlo non faceva comodo alla “causa”. Allora meglio picconare, magari con una valutazione psicofisica dei movimenti della premier per indicare il suo stato di difficoltà: «Ha le braccia conserte, gli occhi fissi altrove per evitare di incrociare quelli di lui, le dita che porta nervosamente alla bocca e poca voglia di sorridere». Una descrizione a metà tra Freud e un thriller. Dal thriller, però, si passa poi alla sceneggiata, come evidenzia il commento di Marcello Sorgi. «La premier non è riuscita ad ottenere neppure l’auspicato incontro bilaterale con il leader ucraino», ha scritto nel suo “Taccuino”. «S’è dovuta accontentare di salutarlo e condividerlo con un gruppo di capi di stato e di governo europei, senza alcuna possibilità di approfondimento. La spiegazione di quanto è accaduto sta nell’acida reazione di Macron, che ha ricordato a Meloni che è Zelensky a scegliere il formato dei suoi incontri, quasi a dire che è stato il presidente ucraino a non volerla avvicinare». Incredibile dictu, visu et auditu. Non solo: «Macron non poteva dirlo, ma è evidente che Zelensky si sia offeso per il tira e molla che ha riguardato la sua partecipazione a Sanremo». E ancora: «Quanto avrà pesato la vicenda della mancata presenza di Zelensky a Sanremo si capirà presto da due inequivocabili indicatori: i tempi della visita – annunciata ma non ancora concretizzata in un invito formale – di Meloni a Kiev. E, considerato che gli Usa in questo momento non hanno altri occhi che per l’Ucraina, quelli dell’atteso viaggio di Meloni a Washington».

La replica sarebbe fin troppo facile. L’appoggio degli Stati Uniti ora è più forte come più forti sono le sinergie strategiche con il Regno Unito con cui c’è intesa sui rapporti con la Nato e sulla questione migranti, tanto per citare qualche esempio. Chissà perché questo non si dice. Meglio – per “La Stampa” – disegnare l’ennesimo scenario da profeti di sventura, meglio far credere che al governo ci siano gli scappati di casa, descrivere la Meloni con gli occhi fissi altrove e trattare i rapporti internazionali come un’esibizione festivaliera tra una canzone dei Cugini di Campagna e una di Colapesce, raccontando la presunta ira funesta di Zelensky per non essersi esibito sul palco nella città dei fiori. In sostanza, come scritto ieri dal Secolo, chi fa danni alla compattezza europea sull’Ucraina non sono Macron e Scholz, che trattano gli aiuti a Kiev alla stregua di un dossier franco-tedesco, ma la Meloni che lo fa notare.  Chissa , forse il patriottismo e come il coraggio di don abbondio La verità brucia, meglio dribblarla.

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