Le comiche in casa Terzo Polo fanno scordare i guai del Pd. I dem: “Questa volta i pop corn li mangiamo noi”

regola aurea della politica non impicciarsi nei guai interni degli altri partiti. Ma questa volta è diverso. I parlamentari del Pd non si trattengono dal commentare il flop del Terzo Polo e la conseguente rissa tra Carlo Calenda e Matteo Renzi. Entrambi, del resto, seppur con ruoli molto diversi, proprio dal Pd vengono, e questo spiega l’adrenalina in circolazione dalle parti del Nazzareno. «Diciamo che stavolta ci siamo noi con i pop corn», confida un dem di lungo corso all’Adnkronos. Neppure Enrico Letta si sottrae al gusto della vendetta. E mette un “mi piace” al tweet di Emma Bonino: «Dovrei dire che sono sorpresa? Proprio no. Lui è fatto così». Dove «lui» è Calenda. Letta e Bonino non hanno dimenticato quando il leader di Azione prima sottoscrisse e poi annullò l’intesa con Pd e +Europa alle ultime elezioni politiche.

Le ironie si sprecano anche su chi si era arruolato nel Terzo polo a esercito ormai disfatto. Come l’ex-capogruppo Andrea Marcucci che solo un paio di giorni fa così recriminava contro la svolta a sinistra impressa da Elly Schlein: «Se fosse confermata, un liberal democratico non può che guardare altrove. E non vedo alternative rispetto al Terzo Polo». Oggi gli ex-compagni gli rinfacciano che «fuori dal Pd non ci sono approdi. Con buona pace di Marcucci». Ma c’è anche chi, come i riformisti dem, vorrebbero approfittare dell’implosione del Terzo polo, per dare vita ad un «Pd più plurale».

I fatti del Terzo Polo e l’assenza per qualche giorno della segretaria Schlein, hanno messo in stand by intanto le questioni interne. Che però la prossima settimana dovrebbero entrare nel vivo con la convocazione della prima segreteria e forse (giovedì e venerdì) della direzione. A scottare è soprattutto il dossier delle nomine per gli uffici di presidenza dei gruppi con vicepresidenti, segretari d’aula e tesorieri. La posizione più delicata è quella di Piero De Luca, attualmente vicecapogruppo alla Camera. Rimuoverlo significa ufficializzare la guerra con il padre governatore della Campania, con cui sono già forti le tensioni legate al nodo del terzo mandato.

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