L’asterisco del politically correct varca la soglia della scuola. Che succederà? Solo il tempo lo rivelerà…

Lo dirà il tempo se l’asterisco può salvarci dalle discriminazioni. È il desiderio di una parte minoritaria del Paese, che è anche la più progressista e mediaticamente dominante: l’imposizione ancora una volta parte da pochi e dall’alto.

Domanda: ma i fanatici dell’inclusivismo linguistico sono gli avanguardisti dell’uguaglianza o le retrovie del pensiero unico? Per ora la grammatica, la lingua parlata, la logica, l’uso comune, il buon senso e la storia ci dicono che il rispetto per le persone non può e non deve dipendere da una desinenza.

L’Accademia della Crusca si è già espressa contro schwa, asterischi e genere neutro. La lingua è sempre decisa dall’uso e dal parlato, non dettata dalle circolari, tanto meno da un’élite ideologizzata. Così come è ingenuo pensare che l’effettivo rispetto per le persone dipenda da un segno grafico, anche se è vero ormai che le battaglie civili si combattono più con le tastiere – #, Lgbt+, LBM che in piazza, dove si sta più scomodi.

La grammatica non è un totem immodificabile, ma neppure così liquida come la fluidità di genere. Confidiamo in una sua resistenza. Desinenze e divisioni. Da una parte c’è un Paese che non esiste, che non dialoga ma cancella; un gruppo minoritario in crisi d’identità che pretende di insegnare a tutti gli altri a esprimersi «più correttamente» e «più politicamente», una setta di giacobini che in nome di una presunta purezza professa il peggiore dei crimini: lo stupro di una lingua, che è femminile, bellissima: la nostra. E dall’altra c’è un Paese reale che per fortuna non parla così, che continua a stupirsi non della proposta dell’asterisco, ma della disinvolta convinzione con cui viene manifestata, e che vorrebbe resistere, non tanto a una follia (che di solito passa) ma a un’ideologia, ben più pericolosa. La speranza è che l’uso di schwa e asterischi sia solo un vezzo malato. Passerà? La sensazione invece è che sia qualcosa pensato per includere e che invece finisce per escludere la maggioranza del Paese.

Sono provvedimenti ideologici che anziché difendere l’identità di ognuno alla fine annientano prima i generi, poi le persone. Così non sei né maschio né femmina né individuo: sei un simbolo grafico. E poi ci siete voi ragazzi, nel senso di maschile neutro. Vi sentite rivoluzionari: siete esecutori passivi di agende culturali promosse dalla sinistra più illiberale e reazionaria della storia; non è neppure colpa vostra: dovreste essere istruiti e invece venite indottrinati. Pensateci. E voi professori e politici: lasciateli fuori dalle declinazioni. Le transizioni sessuali non sono materia di circolari e grammatiche. Il degrado della scuola è già pesante: fermiamoci qui.

Pubblicato da edizioni24

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