L’affondo di Galli della Loggia: “I miti della sinistra non reggono più. Meloni ha spazio per il Partito conservatore”

Non si sbilancia sulla possibilità che davvero Giorgia Meloni possa costruire il primo grande partito conservatore italiano, perché «le previsioni sono fatte per essere smentite». Però, Ernesto Galli della Loggia conferma la sua analisi sul fatto che «il momento è propizio»: «I miti di progresso evocati dalla sinistra stanno cadendo a uno a uno. La narrazione che il cambiamento sia per forza positivo e non possa che migliorare la condizione di vita delle persone ha perso credibilità. Oggi la massa dei cittadini chiede sempre più protezione allo Stato e per questo si è aperto uno spazio per il partito conservatore».

Dopo aver già affrontato il tema come editoriale sul Corriere della Sera, lo storico è tornato a parlarne in una lunga intervista a Libero, firmata dal direttore Pietro Senaldi, nella quale ha sottolineato che per costruire una «nuova narrazione conservatrice» bisogna partire «da un’analisi del presente realistica, quindi spietata e drammatica», «affermare la necessità di difendere tutto ciò che va difeso del presente vitale che abbiamo ereditato dal passato». Non nostalgismo, ma lo sguardo rivolto al futuro per «spiegare bene alla gente quel che sta succedendo oggi e quello che molto probabilmente succederà domani se non si difendono certi valori e certe istituzioni».

Galli della Loggia ha chiarito di non sapere se gli italiani siano pronti a questa analisi, ma «i veri leader – ha avvertito – non si fanno domande di questo tipo. Procedono per la loro strada cercando di spiegarla ai cittadini. Il politico che si chiede a ogni mossa che fa se gli porta voti o glieli leva non sarà mai uno statista». Anche Meloni, quindi, deve essere capace di illustrare ai cittadini quale strada intende seguire, a partire dal tema delle riforme. «Se la Meloni vuole cambiare le istituzioni deve sostenere le sue tesi con analisi adeguate», ha detto il professore parlando in particolare del presidenzialismo e avvertendo che a suo avviso «comunque non sarà facile». Per l’editorialista, in ogni caso, la missione del partito conservatore dovrà essere quella di «cambiare un sacco di cose, a cominciare dallo Stato, dal suo apparato e dal suo funzionamento. E questa – ha detto – sarebbe una rivoluzione davvero epocale».

Ma in quali spazi può radicarsi questo partito conservatore? Senaldi ha sottoposto a Galli della Loggia una fotografia del Parlamento in cui «sembra che con l’idea del partito conservatore la destra si espanda sempre più verso il centro e che il Pd tenda sempre più a schiacciarsi a sinistra, con M5S pronto a mangiargli seggi…». «In questo ragionamento – ha replicato lo storico – io non parlerei di Pd, ma del partito della Schlein», perché «il Pd in realtà aveva eletto Bonaccini come leader. Poi, siccome ha deciso di sottoporre la sua scelta a un plebiscito aperto in pratica a tutti, la Schlein è uscita come segretaria». «Non mi stupisce che ci siano un milione di italiani che pensano che l’Ucraina non vada difesa, che la pace sia dietro l’angolo e il mondo dovrebbe essere tutto fluido. Trovo però bizzarro – ha commentato – che il Pd si sia affidato a loro, e conseguentemente penso che nel partito si aprirà prima o poi una crisi grave, delle quale si vedono già le avvisaglie. Se la Schlein manterrà fede alla sua linea, quelle singole defezioni che già si registrano diventeranno un esodo».

Si apre dunque uno spazio al centro, che per Galli della Loggia non va ristretto in «etichette» che potrebbero portare a pensare a un vantaggio per Renzi o Calenda. «In FdI c’è moltissimo elettorato di centro. Il centro esiste come un’effettiva posizione politica solo se sia la sinistra sia la destra si attestano su posizioni molto pronunciate in senso radicale. Ma se la Meloni riesce a trasformare il suo partito in una destra moderata, liberale e conservatrice, e la Schlein si arrocca a sinistra, mi sembra chiaro – ha sottolineato – chi delle due si accaparrerà i voti del cosiddetto centro».

«Con partito conservatore cadrebbe anche la pregiudiziale antifascista verso il premier?», ha chiesto Senaldi. «Ma nessuno in Italia crede che la Meloni sia fascista, neppure la sinistra, che infatti le rimprovera non già questo bensì il non dichiararsi antifascista. Sono due cose molto diverse», ha ragionato Galli della Loggia, per il quale il motivo per cui Meloni evita di dichiararsi tale è che «un premier non si può fare dettare le parole dall’opposizione che ha sconfitto e nessuno poi può usare il linguaggio dell’avversario, significherebbe riconoscere che ha ragione. Sono convinto che Giorgio Napolitano smise di essere comunista e divenne un socialdemocratico fin dagli anni ‘70 del secolo scorso. Ma sono certo che se alla vigilia di essere eletto Presidente della Repubblica qualcuno gli avesse chiesto di dichiararsi anticomunista lo avrebbe giustamente mandato al diavolo».

«Le parole fascismo e antifascismo oggi non hanno più nessuna relazione con il loro significato originario. Sono termini per marcare differenze e aggredire l’avversario. E lo stesso vale per la parola Resistenza, che oggi è usata per polemizzare con la destra e tenerla all’angolo mentre la Resistenza vera era tutt’altro», ha aggiunto lo storico, sottolineando che non ci sarà mai un 25 aprile non divisivo perché «non si vuole che non sia divisivo» e che «cambiare significato alle parole fascismo e resistenza ha avuto l’effetto di impedire ogni analisi storica su cosa siano stati l’uno e l’altra e quindi di rendere impossibile qualsiasi cosa assomigli a una fine della rissa. Ormai ho perso ogni speranza e poi sull’argomento ho già detto tutto quello che avevo da dire».

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