La risposta di Maria Falcone all’audio “infame” di Messina Denaro: “Fa disgusto, dimostra l’assassino stragista che è”

“Ho provato un profondo disgusto”. A commentare l’audio infame di Matteo Messina Denaro diffuso domenica dal Corriere e poi da Giletti durante “Non è l’Arena” è Maria Falcone, la sorella di Giovanni, il magistrato assassinato da Cosa nostra 30 anni fa. Gli  audio choc di Matteo Messina Denaro che impreca contro le celebrazioni della strage di Capaci sono un  insulto, uno sfregio, ma per lei non costituiscono sorpresa. “Ovviamente per me non è nulla di nuovo: so bene di che razza di criminale sanguinario parliamo. Ma non nascondo che il tono carico di violenza che ha usato mi ha creato molto disagio”. Una ferita che si rinova, sdegno e rabbia. Aggiunge Maria Falcone: “Superato il fastidio, però, ho fatto una considerazione: il re ora è finalmente nudo”.

L’audio in cui Matteo Messina Denaro impreca contro le cerimonie per la strage di Capaci suscita una constatazione amara in Maria Falcone, intervista dal Corriere della Sera: “Il re ora è finalmente nudo”, ripete. “Mi spiego: per settimane Messina Denaro, su diversi media, è stato raccontato come un latin lover di provincia e non come l’assassino stragista che è. Ho letto pure che in molti sono corsi a comprare giacconi simili a quelli che indossava il giorno dell’arresto, quasi a ritenerlo un personaggio da emulare. Ecco, spero che quest’audio così orribile serva a togliere dubbi a chi ne ha e a riportare tutti alla realtà”. Maria Falcone conosce la mafia, il suo linguaggio,  ed è ben consapevole dell’odio profondo che gli uomini d’onore nutrono per suo fratello Giovanni. Questo audio mostra chi è veramente. La sorella del giudice assassinato non pensa che Messina Denaro collaborerà:

“Penso che sia così profondamente permeato dalla subcultura mafiosa che non farà mai questo passo. Un po’ come Riina e Provenzano, che sono stati poi i suoi alleati e i suoi modelli. Messina Denaro resterà fedele alla sua identità fino alla fine. Poi basta sentirlo parlare per rendersi conto che nessun ravvedimento è possibile”. La sorella del magistrato ricorda che “tempo fa un mafioso intercettato invitava una amica a non mandare la figlia alle cerimonie. Questa per me è un’ulteriore prova dell’importanza del lavoro che tante associazioni antimafia fanno, specie con i giovani. La battaglia culturale è l’unica strada per vincere definitivamente questa guerra. E la mafia lo sa. Per questo non dobbiamo fermarci. I magistrati e le forze dell’ordine fanno la loro parte. Noi dobbiamo fare la nostra”.

Maria Falcone racconta della sua “enorme gioia”  e del “gran senso di gratitudine verso i magistrati di Palermo e i carabinieri” che hanno raggiunto un risultato storico: la cattura del boss dei boss. “Un successo che non rimargina le ferite, ovviamente, ma conforta, perché dà la consapevolezza che certi sacrifici non sono stati vani”. Ma poi si abbandona all’amarezza: “è incredibile, però, che in questo Paese non si sia capaci di festeggiare un successo di questa portata nemmeno per 24 ore”. Non era trascorso nemmeno un giorno dal blitz – dice al Corriere- “che già in tv c’era chi, pur non avendo alcuna conoscenza dell’indagine, pontificava di scambi o insinuava dubbi sull’arresto. Alcuni per ignoranza, altri per invidia, altri ancora perché affetti da complottismo acuto. E quel che fa male, sinceramente, è che certe insinuazioni siano venute da magistrati ed ex magistrati. A dire il vero, però, anche questo non mi meraviglia se penso che i maggiori detrattori di Giovanni furono proprio i suoi colleghi”.  Un ultima stilettata: “Si mettono in dubbio le parole di servitori dello Stato, persone che rischiano la vita nel contrasto alla mafia. E si ascoltano improbabili veggenti con precedenti penali, pronti a consegnare in tv la loro verità…»

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