La Lega sta per scoppiare. L’ex-ministro Castelli: “Salvini rischia di fare la fine di Renzi”

Le date cerchiate in rosso sull’agenda di Matteo Salvini sono due: 21 giugno e 18 settembre. La prima coincide con le comunicazioni di Mario Draghial Parlamento su armi e Ucraina, la seconda con la convocazione del popolo leghista sul pratone di Pontida. Un lasso di tre mesi che il leader utilizzerà per decidere il da farsi: continuare a sostenere il governo o staccargli la spina, come suggerisce Giorgia Meloni. Ma non saranno certo, parafrasando FredBuongusto, tre mesi «da raccontare agli amici tornando dal mare». Anche perché di amici nella Lega a Salvini ne sono rimasti ben pochi.

Almeno questa è la sensazione che si ricava dalle posizioni critiche che affiorano minacciosamente qua e là come altrettanti punte di iceberg. Già, il Carroccio è ormai una pentola a pressione, pronta ad esplodere se nel frattempo non interverranno elementi di chiarezza a stabilizzare la linea troppo ondivaga del leader. Ora sotto accusa dopo la debacle referendaria il sorpasso subito al Nord da parte di FdI. Non c’è solo il solito Giancarlo Giorgetti, sempre più “suocera” della Lega, o i governatori Zaia e Fedriga (il lombardo Fontana, in cerca di riconferme, si è un po’ defilato). Ai loro mugugni si sono aggiunti, ancor più espliciti, quelli della vecchia guardia bossiana.

Basta leggere l’intervista a Repubblicain cui Roberto Castelli evoca la parabola discendente dell’altro MatteoRenzi, per rendersene conto. «Se il leader va in difficoltà, può capitare che si scenda dal 40 al 6 per cento in tre anni», vaticina l’ex-guardasigilli. Tanto più che ad accrescere le affinità elettive tra i due contribuiscono anche un referendumdisastroso e l’accusa di aver violato l’identità dei rispettivi partiti. «Io – avverte infatti Castelli – vivo la pancia della vecchia Lega». Come uscirne? Dipendesse da Salvini, avrebbe già fatto bye bye a Draghi. Ma a frenare c’è Giorgetti e ci sono i governatori. È proprio da queste spinte contrapposte che nasce quella Lega “di lotta e di governo” oggi in coma profondo. Un motivo in più per convincere il suo leader a cambiare strada.

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