Il Prof. Plutino a ith24: “Il Terzo Polo non esiste più, e bisogna stare nel bipolarismo”

By Gaetano Daniele

Professore, bentrovato, non ci sono sfuggite alcune sue posizioni espresse sui social sulla rottura tra Calenda e Renzi. Volevamo approfondire un po’ la questione.

Bentrovato a lei, con piacere. Sono d’accordo con la sua impostazione: Calenda e Renzi. Non si può depersonalizzare. Non è una rottura tra due soggetti politici, ma tra due persone.

Quindi uno scontro di caratteri? Incompatibilità?

Non intendevo questo, non condivido questa lettura che mi pare peccare di una superficialità. Si tratta di affermare che Italia Viva e Azione sono solo in teoria assolutamente compatibili per un processo unitario, se si guarda alle politiche, ma non per quello che sono rispettivamente, non alla visione politica. E in questo senso contano le persone, perché per come Renzi intende il proprio ruolo e la stessa Italia Viva non c’è possibilità di immaginare un percorso comune, né da soli, né insieme ad altri.

Si può spiegare meglio?

Italia Viva non è, ad oggi, un partito ma il club dei sostenitori di Renzi, dove si conta in ragione della distanza dal leader, per cerchi e cerchietti. Renzi inoltre è affaccendato in molte e variegate attività, non tutte adamantine per un politico in piena attività. Lo fa in presenza di una patente lacuna legislativa. Anche Azione ha un fondatore e un leader, è noto che Calenda sia questo e altro, perché procura personalmente buona parte delle risorse finanziaria di cui vive il partito, che non sono personali, ma chieste in nome di un impegno riformista di cui si fa garante. Ma Calenda ha voluto creare un partito, fatto di congressi, direzioni, decisioni anche collegiali. E Calenda muove da precise posizioni di etica pubblica, molto rigorose, una sorta di etica degli antichi, basata sulla parola data e su una certa gravitas. Allora se si vuole parlare di persone il tema non sono i caratteri, ma le posture, che è cosa ben diversa.

Quindi mancavano i presupposti? Allora è stato ingenuo Calenda?

C’erano i presupposti sulle politiche ma una visione inconciliabile circa il ruolo della politica. Non discuto il riformismo di Renzi, il tema è il suo modo di fare politica, che poi è una delle ragioni per cui, per usare un eufemismo, non è tanto amato dagli italiani. Tuttavia bisognava provarci, era un impegno preso con gli elettori. A mio avviso Calenda non è stato ingenuo ma conseguente. E perfino quella che appare una credulità è serietà: se il tentativo andava fatto bisognava “crederci”. In filosofia si chiama principio di carità, ma non c’entra nulla con la carità cristiana, mentre c’entra con l’etica del discorso e della comunicazione, che presuppone l’interpretazione delle parole e dei gesti altrui. Si parte dall’idea che l’altra fa davvero.

Però la comunicazione di Calenda ha lasciato a desiderare?

Calenda ha fatto ammenda per un tweet sicuramente sgrammaticato su Renzi, ma per il resto i suoi tweet erano finalizzati a stanare le furbizie e a illustrare in trasparenza i patti. Francamente credo che fosse opportuno. La claque di Renzi e i giornalisti superficiali spingono sulla inaffidabilità di Calenda, figuriamoci se non lo avesse fatto. Ma è Renzi ad essere risultato inaffidabile.

Ma perché Renzi non ha voluto fare il partito unico, o non lo ha voluto in tempi brevi?

Così come Renzi non ha voluto ricostruire il PD, così non vuole costruire un partito. Italia Viva raccatta ceto politico meridionale da anni. Immaginiamoci un congresso… Inoltre il riformismo di Renzi all’occasione viene deposto per un superiore interesse, quello della sua sopravvivenza personale: vedi la nascita del governo Conte II, che si deve a lui, per evitare le elezioni visto che la sua creatura era sulla rampa di lancio e sarebbe risultata bruciata.

Ora Italia Viva rilancia e parla di federazione. Anche in Azione molti ne parlano.

Intanto mi consenta di dire che ho seguito con pena i tentativi dei pontieri a tweet di Calenda ancora caldi. La federazione dei riformisti, come operazione seria e volta a riunificare un mondo, è rinviata a data da destinarsi. Renzi ne parla perché ha un problema di sbarramento alle europee, ma nessuno in questo momento può promuovere una operazione simile. Ormai chi ha più filo da tesse, tessa. Anche parlare di Terzo Polo non ha più senso.

Abbiamo quindi perso sia il futuro, la federazione, e il recente passato o il presente, il Terzo Polo. E cosa resta?

Vede oggi quando al telegiornale è passata una dichiarazione della Boschi a nome del Terzo Polo, che aveva ad oggetto l’ingresso di Borghi in Italia Viva, mi chiedo che senso ha parlare di un terzo polo. Primo perché la tv pubblica per terzo polo intenderebbe Italia Viva e perché legittimare questo uso. Secondo perché non c’è una unione né una prospettiva di unione, quindi manca il polo. E poi perché parlare di posizione terza sta diventando un evidente limite, oltre a non essere al momento legittimata dai numeri. Vedo per esempio Renzi molto ben proiettato a provare a raccogliere l’eredità di Berlusconi. Il bipolarismo è un dato “naturale”, cioè una tendenza, quando non ci sono patologie del sistema. La patologia erano i Cinque Stelle, che oggi sono chiaramente nel centro-sinistra, sia pure a modo loro. Vedo un gran deficit di riformismo nel centro-sinistra. A destra c’è folla e un elettorato congelato. Oggi nessuno fa più le analisi del voto.

Sta proponendo uno schema secondo cui Italia viva copre sul versante di centro destra e Azione sul centro-sinistra?

Vede, entrambi appartengono a Renew Europe, un raggruppamento europeo che ha il suo fascino, perché è la posizione liberale, ma in Europa ci sono molti liberalismi e già Renew Europa è un contenitore molto plurale. Oggi guidato da Macron, che però è al secondo mandato e piuttosto in difficoltà. La sua visita in Cina non è stato un bello spettacolo. I liberali spesso si collocano al centro e quando riescono fanno ago della bilancia. Non mi sembra nelle ambizioni di Calenda, il quale peraltro si autodefinisce liberalsocialista. Inoltre l’idea di stare un po’ di qua, un po’ di là, non funziona in un paese che ha le elezioni dirette ai livelli locali e regionali. Purtroppo c’è un elemento sistemico di cui non si può non tener conto.

Ma Calenda ha aperto chiaramente a ex di Forza Italia, come Gelmini e Carfagna.

E’ avvenuto prima delle elezioni politiche. Persone sicuramente capaci. Dopodichè Calenda ha ammesso pubblicamente di non aspettarsi una tale tenuta di Forza Italia. E’ la dimostrazione di quello che dicevo prima. Gli elettori di Forza Italia sono da tempo di centro-destra, la distribuzione resta all’interno della coalizione. E così avviene all’interno del centro-sinistra. Outsider e diversificazioni sono sempre gradite dagli elettori. Bisogna sicuramente parlare all’opinione pubblica ma farlo da un presunto centro non so quanto possa pagare. I casi di grande successo, in successione di tempo Cinque Stelle, Lega e Fratelli d’Italia erano ben diversi: i primi si sono inseriti in una gravissima crisi politica e istituzionale pescando dovunque, gli altri due si sono alternati a raccogliere la crisi del berlusconismo all’interno di un elettorato stabile, una diversificazione interna. Dopodichè per me Azione deve accogliere tutti quelli che credono in un programma riformista e liberale. Però dovremmo intenderci sulle parole.

In che senso?

La Tatcher non è riformismo. Berlusconi non è mai stato liberale, né tantomeno popolare. Quelle parole hanno una storia. Allo stesso modo non si può dire socialista senza spiegare quale dei tanti socialismi, per citare Bobbio, e non si può dire popolare, se non spiegando quale popolarismo: quello dei centro-destra conservatori di marca democristiana europei o quello, italico, cattolico-democratico? Pongo queste questioni per una precisa ragione. Con la fine del Terzo Polo si fa necessaria la nettezza delle posizioni culturali. Non c’è alternativa a coltivare una identità chiara che parli all’opinione pubblica. L’obiettivo è far tornare a votare chi non vota, e per esperienza sappiamo che in maggioranza sono ex elettori di centro-sinistra, che non si sentono più rappresentati o a cui non va bene un bipolarismo insulso. Ma il bipolarismo non si decide a tavolino, è un punto tecnico importante speso ignorato dalla politica. Basta averlo chiaro, poi si può decidere tutto. Resterò sempre uno spazio ultroneo ad un bipolarismo forzoso, ad esempio nelle elezioni europee, o in certi contesti locali che hanno delle peculiarità. Ma è difficile immaginare che non ci sia un punto di partenza più o meno acclarato per iniziare una discussione.

E in cosa dovrebbe consistere questa identità?

In primo luogo, come dicevo, nella nettezza delle posizioni riformiste. E francamente già questo mi sembra poco conciliabile con una perenne posizione di terza forza fuori dai poli. C’è certamente un tema di interesse nazionale. Di cose che, semplicemente, vanno fatte. Fa bene Calenda a insistere su questo tasto, perché c’è un alto tasso di demagogia nelle discussioni e di schermaglie ideologiche. Ma anche questo modo di porre le cose mi sembra un po’ da contestualizzare. Mi pare difficile rappresentare questa posizione come una terza forza, nazionale, liberale, di centro, cioè una posizione “oltre” i poli che sia l’esatto rovesciamento sul fronte della responsabilità di quello che furono i Cinque Stelle. Quelle sono finestre di opportunità frutto di gravissime crisi sistemiche che si chiudono presto. Ciò non vuol dire, sia chiaro, accodarsi all’esistente o essere meno esigenti nel chiedere una piattaforma politica chiara. Calenda fece benissimo a rompere con Letta, a mio avviso. Ma chi vuole mandare questa destra a casa deve ammettere che c’è un deficit di riformismo nella nebulosa proposta alternativa.

In secondo luogo, quanto ad Azione questa nettezza deve convivere con una pluralità di apporti culturali, tutti riformiste e liberali. C’è spazio, per proseguire lo spunto di prima, per un certo popolarismo, per un certo socialismo, per un certo ambientalismo. Così torniamo all’unione dei riformismi. Le ricorda qualcosa?

Pubblicato da edizioni24

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