By Fabrizio De Feo
«Ci opponiamo all’uso di droghe e non crederemo mai che ci sia un diritto a farne uso. C’è invece il dovere di agire prima che queste sostanze possano causare danni irreparabili». Giorgia Meloni, nel suo ultimo giorno statunitense interviene su invito di Joe Biden al Vertice della Coalizione Globale contro la minaccia delle droghe sintetiche. Un discorso forte e deciso, in cui scandisce messaggi chiari, mettendo a disposizione il «know how dell’Italia, come già fatto nei Paesi più colpiti dal narcotraffico».
L’intervento pubblico al vertice sulle droghe arriva alla fine di un vero e proprio tour de force di incontri one to one con diversi leader internazionali e prima del suo intervento davanti all’Assemblea Generale dell’Onu. Un anno dopo, insomma, Giorgia Meloni si riprende la scena statunitense e ribadisce la sua centralità e la volontà di far sentire la voce dell’Italia sui temi caldi dell’agenda internazionale. La premier incontra Volodymyr Zelensky ribadendo «il convinto sostegno dell’Italia alla legittima difesa dell’Ucraina, con l’obiettivo di creare le migliori condizioni possibili per una pace giusta e duratura». Con la promessa che l’Italia «continuerà a essere in prima linea anche nel 2025 con l’organizzazione a Roma della Ukraine Recovery Conference e al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario». Giorgia Meloni vede poi il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoan. Inevitabile approfondire la crisi in Medio Oriente, oltre alla comune volontà di convocare al più presto un vertice tra i due governi e un «Business Forum». La nostra presidente del Consiglio si confronta anche con il presidente argentino Javier Milei, in vista di una possibile visita in Argentina a margine del G20 del Brasile di novembre, così come si siede al tavolo con il primo ministro dell’Iraq Al Sudani e con il capo del governo provvisorio del Bangladesh, Muhammad Yunus, discutendo del grande tema del controllo dell’immigrazione proveniente dal paese asiatico e dei rimpatri.
In un punto stampa serale con i giornalisti italiani, la premier si sofferma sulla crisi in Medio Oriente e manda un messaggio chiaro a Israele. «Penso che Israele abbia sempre diritto a difendersi, ma ritengo anche che una guerra su larga scala in Libano non convenga a nessuno: noi portiamo avanti il nostro messaggio di moderazione, partendo dalla necessità di fare tutti un passo indietro». Non solo. «In questi giorni all’Onu – continua la premier – ci siamo occupati molto anche della sicurezza dei nostri soldati, abbiamo mille soldati impegnati nella missioni Unifil, stiamo chiedendo all’Onu di concentrarsi sulla sicurezza dei nostri soldati». Meloni poi smentisce che ci sia un cambio di posizione sull’Ucraina, «penso che non sia neanche così utile per la nazione, che ha il pregio della chiarezza e determinazione nel sostenere l’Ucraina, cercare di raccontare un’altra storia». E dice la sua sull’operazione di Unicredit su Commerzbank: «Non è una questione che riguarda il governo: nell’Ue c’è un libero mercato, un’azienda privata sta facendo le proprie scelte e penso che non sia una materia che riguarda il governo»
C’è spazio anche una domanda sulla raccolta firme per il referendum sulla cittadinanza. «Ritengo che 10 anni siano un tempo congruo per la cittadinanza e che l’Italia abbia una ottima legge. Poi se ci sarà il referendum, questa è la democrazia».
Infine nel suo intervento, nella notte italiana al Palazzo di Vetro, la presidente del Consiglio illustra le iniziative della Presidenza italiana del G7 e invita tutti a riflettere sull’approccio di relazioni paritarie lanciato dall’Italia nei confronti dell’Africa. Un nuovo rapporto con il Sud Globale diventato un vero e proprio marchio di fabbrica della politica estera italiana.