Il Premier Meloni: “Ho chiamato la madre di Giulia. Sul duplice omicidio confido nei magistrati” (Video)

La telefonata alla mamma di Giulia Tramontano, l’impegno per fare quel salto culturale necessario per contrastare i femminicidi, la consapevolezza che le “persone uccise sono due” e la speranza che la magistratura “dia segnali chiari” sulla personalità giuridica del nascituro. Nel corso della lunga intervista con Bruno Vespa, nell’ambito dell’evento “Forum in Masseria”, organizzato dal giornalista a Manduria, Giorgia Meloni si è soffermata anche sul caso del delitto di Senago, confidando che “è una vicenda che mi ha lasciato senza fiato come immagino la gran parte degli italiani. Ho chiamato la mamma di Giulia, da madre: quando accadono queste cose la prima cosa a cui penso è sempre la mamma”.

“Questi fatti sono sempre più copiosi, dobbiamo chiederci dove stiamo andando. La violenza sulle donne continua ad essere un fenomeno che non si riesce a risolvere, nonostante i provvedimenti. Credo ci sia una questione culturale”, ha proseguito il premier, ribadendo di essere “disponibilissima” a lavorare con l’opposizione contro la violenza sulle donne e spiegando che in occasione della Giornata internazionale sul tema “mi piacerebbe portare le vittime o i parenti delle vittime a raccontare la loro vicenda nelle scuole. Credo non ci sia nulla di più educativo”.

Meloni, poi, si è soffermata sulla sorte di Thiago, il bimbo portato in grembo da Giulia Tramontano. “Mi ha scioccato la storia di questo bimbo che era nel suo grembo e che sarebbe stato in grado di vivere da solo. Sono due le persone uccise”, ha affermato il presidente del Consiglio, confidando di sperare “che sulla personalità giuridica del nascituro la magistratura dia segnali chiari. Le vite che sono state interrotte da questo signore sono due”.

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L’intervista, poi, ha virato sui temi dell’agenda politica, dall’economia all’Ucraina, dal Mes ai migranti, dalle riforme al nuovo passo dell’Italia nei consessi internazionali. Meloni ha confermato la volontà dell’Italia di “riprendersi il suo ruolo”, indicandola come “la cosa più importante, perché io ho visto un’Italia rassegnata a essere fanalino di coda, ad andare in giro con il cappello in mano, a chiedere sempre scusa, permesso, per favore”. “Oggi – ha detto il premier – vedo un’Italia che capisce che c’è uno spazio per tornare a essere la nazione che noi siamo. Siamo ancora quell’Italia”. “Io quell’Italia la rivedo e penso che la rimettiamo in piedi”, ha aggiunto Meloni, che ha poi scherzato sul prossimo G7 che si terrà proprio in Puglia: “Faremo fare i nodini di mozzarella con le mani ai leader mondiali. Le orecchiette no, troppo difficili, io non sono mai riuscita…”.

I segnali ci sono nei più disparati ambiti ed emergono chiaramente dalla chiacchierata di Meloni con Vespa: la ripresa del Pil e dell’occupazione, che rispettivamente si attestano oltre la media europea e su un “record storico”; il nuovo modo di affrontare la questione dei migranti, grazie al quale l’Italia è stata centrale nell’accordo raggiunto ieri dal Consiglio Ue; la capacità di non sottostare ad alcuna pressione su questioni di interesse nazionale come per il Mes e il Patto di stabilità; la forza di farsi promotori a livello internazionale della soluzione di dossier critici come quello della Tunisia o di proposte innovative come il “Piano Mattei” per l’Africa; la cancellazione dall’immaginario collettivo della narrazione dell’Italia come Paese “spaghetti e mandolino”, nella quale tanta parta ha avuto la coerenza e la risolutezza della posizione sull’Ucraina.

“L’Italia non è l’Italia spaghetti e mandolino che delle volte qualcuno ha provato a raccontare. Io voglio governare un’Italia che cammina a testa alta nella storia, che è credibile, affidabile e seria e per questo è in grado di difendere i suoi interessi nazionali”, ha detto Meloni parlando dell’Ucraina e ribadendo che sostenendo Kiev “noi non difendiamo solamente il diritto di un popolo a essere libero e di una nazione a essere sovrana”

E poi, ancora, i temi di politica interna: le riforme, “irrinunciabili”, a partire dall’elezione diretta del premier, sulla quale il governo è pronto al referendum se l’opposizione dovesse sottrarsi o mettersi di traverso; quella del fisco, con un sempre più deciso taglio del cuneo; l’autonomia, che non discrimina alcuna regione ed è “malvista da quelle classi politiche che non hanno ben governato”; il Pnrr, sulla cui terza tranche il premier è “assolutamente ottimista”.

Quanto al rapporto con l’opposizione e alle accuse che, specie il Pd, rivolge quotidianamente al governo, il premier ha voluto “tranquillizzare” Elly Schlein, a partire dallo spauracchio dell’autoritarismo. “So che questa preoccupazione della segretaria del Pd è reale e non strumentale, quindi la voglio tranquillizzare: il centrodestra è da sempre la coalizione che difende la libertà. Questo stiamo dimostrando e questo gli italiani capiscono”. “Se il nuovo corso del Pd è andare dritti sulla strada della strategia che li ha portati dritti alla sconfitta elettorale, io non sono nessuno per dir loro di cambiare strategia…”, ha aggiunto Meloni, ricordando che “gli italiani giudicheranno le nostre norme, le nostre misure e anche il pulpito” da cui vengono mosse le accuse di autoritarismo al governo, “che arrivano da quelli che difendono chi impedisce a un ministro della Repubblica di presentare il proprio libro al Salone del libro”. “Mi colpisce che la segretaria del Pd dia lezioni sulla lotta all’autoritarismo e dica che siamo allergici al dissenso. Se la segretaria del Pd non distingue il dissenso dalla censura, allora sì – ha avvertito Meloni – che abbiamo un problema di autoritarismo”.

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