Il killer di Falcone, il ras dei Casalesi, il boss della ‘Ndrangheta: ecco chi ha parlato con il Pd

La strage di Capaci Franco Lannino. ANSA

Ha chiesto a Pietro Rampulla, boss del clan Santapaola, esecutore materiale della strage di Capaci, quanto tempo ha ancora da scontare in carcere: lo rivela il senatore Pd Walter Verini al Corriere della Sera.

I tre vicini di cella di Cospito (tre criminali che le cronache hanno reso tristemente famosi) hanno parlato con la delegazione Pd. Dopo le resistenze e la canizza sulla denuncia di Donzelli, la verità sta emergendo gradualmente. Ecco la versione del senatore Verini. «Eravamo lì per verificare le condizioni di Cospito. Le celle sono attaccate. Dallo spioncino abbiamo chiesto anche agli altri solo: Da quanto è qui? Quanto tempo ancora?».

Verini, Orlando e Serracchiani avrebbero quindi chiesto “quanti anni ancora hanno da scontare” al boss dei Casalesi, a uno dei più spietati killer della ‘ndrangheta e all’autore della strage di Capaci. Sarebbe curioso sapere, a questo punto, come hanno risposto i diretti interessati.

Pietro Rampulla, colui che materialmente realizzò l’ordigno piazzato sotto il tunnel dell’autostrada che uccise il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i membri della scorta. Soprannominato l’artificiere per la sua esperienza con gli esplosivi (Mistretta, 3 giugno 1952) è capomafia della Famiglia di Mistretta, legato in particolare ai boss Nitto Santapaola e Giuseppe Farinella.

Francesco Di Maio, camorrista affiliato al gruppo Bidognetti del clan dei Casalesi. Su di lui potrebbe scrivere fiumi di parole Roberto Saviano che, invece, su questa vicenda imbarazzante tace preferendo polemizzare (come al solito con Salvini).

Francesco Presta, 52 anni, ritenuto dagli investigatori un killer spietato delle cosche della ‘ndrangheta del Cosentino, fu arrestato dagli agenti della Mobile di Cosenza il 13 aprile del 2012. Presta fu bloccato in un appartamento a Rende. Il suo nome era inserito nell’elenco dei 100 ricercati piu’ pericolosi d’Italia.

Quando è stato domandato a Cospito delle sue condizioni, sarebbe stato lo stesso leader anarchico ad avanzare la richiesta di non parlare solo con lui, ma di chiedere anche agli altri detenuti: Presta e Rampulla, suoi vicini di cella.

«Di certo non abbiamo parlato con loro perché ce l’ha detto Cospito», hanno sostenuto. «Nessuno ci ha ordinato niente», ha ripetuto la Serracchiani. «Quando siamo arrivati» al penitenziario, ha raccontato Serracchiani «la polizia ci ha portato davanti alla cella di Cospito, ma io stavo già parlando con il detenuto della terza cella, Verini con quello della quarta. Inutile dire che Cospito ci ha ordinato di parlare con gli altri detenuti: è una cretinata». Serracchiani non ammette, però, che la vera “cretinata” è stata parlare con i tre boss nelle altre celle.

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