Il grido dei Medici del Pronto Soccorso davanti al ministero: “Ci manca il respiro, siamo al collasso”

“Ci manca il respiro”. È l’allarme lanciato dai medici che ogni giorno lavorano nelle trincee dei pronto soccorso. Camice bianco è mascherine hanno si sono dati appuntamento a Roma, davanti alla sede del ministero della Salute, per un flash mob di protesta. Nel mirino le carenze di organico e la situazione drammatica dei dipartimenti di emergenza del Paese. “Vogliamo fare un’azione importante di sensibilizzazione sulla carenza di organico dei Pronto soccorso. Sulle attese per i ricoveri e sullo stress dei medici. Stiamo vivendo una condizione in cui siamo ‘malati’ come i nostri pazienti”. Parola di Fabio De Iaco, presidente Simeu, che sarà ricevuto con una delegazione dalministro della Salute Schillaci al termine del flash mob.

Tanti anche i giovani medici. “È la specializzazione più bella del mondo. Ma anche un lavoro molto complicato ora”, spiega una dottoressa del Campus Bio-medico di Roma. “Devi essere sempre disponibile quasi h24 in ospedale, ma rifarei questa a scelta”. Identico il parere di una collega del pronto soccorso del San Giovanni di Roma. Che evidenzia le criticità sugli incentivi che in alcune regioni sono stati dati ai medici per lavorare in pronto soccorso. “Nel presente può essere una soluzione per tappare i buchi. Ma siamo contrari alle cooperative che ‘vendono’ il lavoro dei medici”. Un altro tema che sta molto a cuore ai medici del pronto soccorso è la sicurezza. “Nel 2022 abbiamo già registrato più di 50 aggressioni. Lavorare in queste condizioni è difficile, anzi è impossibile”.

Dopo un anno nulla è cambiato. “Siamo qui sotto il ministero della Salute a un anno di distanza dalla precedente manifestazione per testimoniare la persistenza di una criticità a livello nazionale importante”. Così Stefano Paglia, direttore del pronto soccorso di Lodi-Codogno, Una criticità cstrutturale, senza differenze tra regioni. “Non esiste nessuna area d’Italia che si può dire esente dalle problematiche che riguardano un settore strategico come quello dell’emergenza-urgenza”. Dopo la pandemia, che doveva essere lo spartiacque per investire nella sanità pubblica e migliorare il sistema dell’emergenza – protestano i camici bianchi – “nulla è cambiato, anzi i cambiamenti sono stati in peggio. Non abbiamo capitalizzato nulla dell’esperienza della pandemia”.

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