By Massimo Malpica
S’infuria Matteo Salvini dopo il rinvio alla Corte di Giustizia europea del decreto sui Paesi sicuri. «Se qualche giudice, per fortuna solo una piccola minoranza su 9mila, si sente comunista, si tolga la toga e si candidi alle elezioni. Ma lasci che il governo e la politica portino avanti il programma scelto democraticamente dai cittadini», ringhia il leader leghista. E quale che sia il colore sotto la toga, Marco Gattuso, presidente della sezione immigrazione bolognese che ha bussato alla «Curia» del Lussemburgo, di certo di comizi ne ha fatti un bel po’.
Oltre che giudice, Gattuso è un attivista su temi gender e sulla maternità surrogata. Un tema divisivo anche a sinistra, ma che lui difende a spada tratta, essendo insieme al suo compagno padre da ormai dieci anni di un figlio nato in California proprio grazie alla «gestazione per altre». Così, nel 2019, Gattuso se l’è presa con l’allora governatore emiliano Stefano Bonaccini per l’emendamento firmato Pd a una legge regionale che assimilava la Gpa alla violenza contro le donne, scrivendogli una lettera aperta per criticare quella definizione che «offende le donne». Ma anche prima di allora si è fatto avanti, alla luce del sole, con interviste in cui difendeva le adozioni da parte di coppie omogenitoriali e persino fondando, nel 2013, un sito web specializzato su «famiglia, orientamento sessuale e identità di genere», Articolo29.it. Oltre all’attivismo gender, però, c’è altro. A luglio 2023, Gattuso ha tenuto una lezione Tre domande sui Paesi sicuri per un laboratorio della Scuola superiore di magistratura che in molte parti ricalca l’ordinanza dell’altro giorno. E fa pensare a un «pre-giudizio» quanto al considerare insensata l’individuazione di un Paese come sicuro sulla base della sicurezza della maggioranza della sua popolazione. Tra le parti di quella lezione ricopiate nell’ordinanza, anche il passaggio mediaticamente fortunato sulla Germania nazista. Nel testo del 2023 si legge: «Paradossalmente la Germania nazista era un Paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei (poco più di 500.000, divenuti 214.000 all’inizio della guerra) e fatti salvi gli omosessuali, gli oppositori politici o gli zingari, oltre 65 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile». Nell’ordinanza, invece: «Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile». Curioso che, per sollevare alla «Curia» una questione che attiene a un «manifesto conflitto interpretativo», si sostenga che il decreto del governo farebbe passare per «Paese sicuro» il Terzo Reich: alla faccia dell’invito di Mattarella alla collaborazione tra le istituzioni.
Intanto, il governo rinuncia alla conversione del decreto Pos in Senato, facendolo invece confluire in un emendamento al decreto flussi in esame alla Camera.
«La decisione non vuole assolutamente ledere le prerogative parlamentari, ma essendo i due provvedimenti affini per materia e strettamente connessi tra di loro riteniamo per questo opportuno che vengano esaminati insieme», spiega il ministro per i rapporti col Parlamento Luca Ciriani. Aprendo un ennesimo fronte di polemica con le opposizioni.