Il futuro del Pd appeso ad un fil di seta. Orfini: “Va sciolto”

Un po’ psicodramma, un po’ selezione da Talent show. Continua nel Pd il balletto delle auto candidature alla segreteria in vista del congresso, convocato per marzo da un dimissionario di fatto Enrico Letta, che ha già annunciato che non si presenterà. Di giorno in giorno si allunga la lista di chi si propone apertamente e di chi fa capire che ci sta pensando, con battute, interventi, indiscrezioni sapientemente trapelate.

L’ultimo che pare essersi iscritto al provino per il ruolo di prossimo segretario dem è il sindaco di Milano Giuseppe Sala, del quale le cronache politiche hanno registrato come un passo verso la ribalta della leadership nazionale la battuta sul fatto che «fra pochi mesi avremo il nono segretario del Pd in quindici anni. Una progressione che può insidiare il record di avvicendamento di allenatori della mia Inter». Sala, del quale Libero sottolinea la distanza dalle periferie come luogo fisico e come metafora delle fasce sociali maggiormente in difficoltà, ingrossa così la pattuglia di sindaci tentati dall’idea di trasferirsi politicamente al Nazareno. I nomi sono quelli di Antonio De Caroda Bari, Matteo Ricci da Pesaro, Dario Nardella da Firenze.

Ci sono poi i governatori: quello dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e quello della Campania, Vincenzo De Luca. Del primo si parla da tempo, da quando cioè in campagna elettorale è apparso chiaro che il destino di Letta era segnato. Pare però già uscito dalle reali quotazioni, complice anche l’ascesa della sua vice in Regione, Elly Schlein. Iper esposta in questi giorni, perché identificata come una sorta di anti-Meloni, Schlein non è formalmente membro del partito. Anche a queste elezioni che l’hanno portata alla Camera, ha corso come indipendente.

Un “papa straniero”, insomma, per un partito che, come ribadito in un’intervista al Domani di oggi da Matteo Orfini, ha perso totalmente la propria identità. La proposta dell’ex presidente dem, che è di quelli che partecipano alla “selezione”, è dunque quella di «sciogliere e rifondare il Pd». Dunque, una proposta ben più radicale di quella di Roberto Morassut che ieri proponeva di cambiare il nome. «È il tempo di pensare un po’ a noi stessi. Di ridefinire senso e missione del Pd. E anche modalità di funzionamento», ha scritto un paio di giorni fa sui propri social Orfini, chiarendo di essere pronto a farsi carico dell’incombenza.

Fra i nomi nazionali che si sono fatti avanti, c’è anche quello di Paola De Micheli, già ministro del Conte II, che ha rivendicato: «Ho esperienza e voglia di provarci». Fra le donne in queste settimane sono circolati anche i nomi, oltre che della già citata Schlein, di Anna AscaniMarianna  MadiaDebora Serracchiani, che però non hanno mai davvero preso quota. Si parla, inoltre, di una candidatura di Peppe Provenzano, sostenuta daAndrea Orlando, che potrebbe però anche lui entrare in corsa personalmente. Anche la stella di Provenzano, che rappresentava l’anti-Bonaccini, però a questo punto non brilla più come qualche settimana fa.

Sorge, invece, quella di Vincenzo De Luca, l’altro governatore dato come papabile. Da vecchia volpe della politica, De Luca si è guardato dal meccanismo un po’ ingenuo dell’auto candidatura, ma ha compiuto passi che per gli osservatori puntano in quella direzione. A metterli in fila è stata La Verità, che è anche riuscita a strappare dei commenti che sanno di mezza ammissione da «un esponente di peso del suo entourage». Tra gli indizi si collocano la postura tenuta durante il comizio di piazza del Popolo, quando si è ribellato alla rigida scaletta e, dilungandosi, ha pure preso in giro Letta, e il post di analisi del voto rilasciato su Facebook ieri sera, che di fatto suona come un intervento programmatico sul futuro del partito.

«C’è un vuoto da riempire», ha detto a Carlo Tarallo de La Verità, l’uomo «di peso» di De Luca, mentre «un ex esponente nazionale del Pd, che im passato ha ricoperto incarichi istituzionali di peso rilevante» ha sottolineato che proprio a piazza del Popolo «De Luca è stato fermato da almeno 100 persone che volevano farsi un selfie con lui. È stato impressionante. Se ha in mente di candidarsi? Non lo so, ma sarebbe un bene per il partito, darebbe una scossa. Bonaccini? Lascia stare, andiamo avanti». E avanti c’è la lunga strada che porta al congresso. Marzo è lontano, il casting continua.

Pubblicato da edizioni24

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