Il dramma e quella vita spezzata dei bambini cristiani perseguitati, costretti a tutto… “AIUTIAMOLI”

Difficoltà a vivere la quotidianità perché spettatori di crimini e maltrattamenti o perché vittime dirette di questi atti vili: sono i bambini cristiani che, in alcune parti del mondo, sono costretti a fare i conti con una dura realtà dovuta proprio alla loro fede. Milioni di questi bambini, se hanno la fortuna di sopravvivere, subiscono abusimatrimoni forzati, la tratta e la riduzione in schiavitù. Drammatiche condizioni di vita che non possono passare per scontate, ma che purtroppo fanno fatica ad essere sradicate in alcuni Paesi.

C’è una Onlus che giorno per giorno monitora la situazione dei cristiani perseguitati in tutto il mondo. Si tratta di “Porte Aperte”, la quale ogni anno a gennaio pubblica una classifica in cui vengono esaminati in tal senso tanti aspetti: i Paesi dove i cristiani subiscono i peggiori maltrattamenti, quelli dove subiscono violenze o dove è difficile per loro praticare la propria fede. Anche quest’anno la World Watch List di Porte Aperte ha descritto uno scenario impietoso: qualcosa come 309 milioni di cristiani sono stati vittime di persecuzione in 50 diversi Paesi, con 4.761 fedeli uccisi, un ritmo di 13 al giorno per tutto il 2020.

La persecuzione ha diversi atroci aspetti: dalla violenza alla carcerazione arbitraria passando per gli abusi le conversioni forzate, le torture e la sistematica distruzione dei luoghi di culto. Su quest’ultimo aspetto, ad esempio, nella Word Watch List si contano 12 edifici religiosi distrutti al giorno nell’interno anno appena trascorso. Tuttavia spesso le comunità di fedeli devono scontrarsi con un altro e forse ben peggiore nemico, il silenzio. Di queste sofferenze e di queste sopraffazioni lì dove i cristiani sono minoranza, in Europasoprattutto non interessa quasi nessuno. E anche se i numeri di Porte Aperte appaiono drammatici, spesso i cristiani vengono lasciati da soli.

Sono diversi gli aspetti riguardanti la persecuzione dei cristiani. Uno di questi appare particolarmente rilevante per via della categoria colpita, quella dei minori. Cristina Merola, specialista sulla persecuzione di genere di Porte Aperte, su InsideOver spiega il perché donne e bambini vengono presi particolarmente di mira: “Se si vuole distruggere la Chiesa – dichiara – si porta via la sua “ricchezza” terrena più preziosa”. Le ragazze e i ragazzi rappresentano il futuro di una comunità cristiana, la risorsa affettiva più preziosa di cui si può disporre per mandare avanti la tradizione religiosa. Colpire loro, vuol dire provare ad affossare per sempre l’intera comunità.

Per sostenere i cristiani che soffrono potete donare tramite Iban, inserendo questi dati:

Beneficiario: Aiuto alla Chiesa che Soffre ONLUS
Causale: ILGIORNALE PER I CRISTIANI CHE SOFFRONO
IBAN: IT23H0306909606100000077352
BIC/SWIFT: BCITITMM

È un fenomeno che si verifica soprattutto nei Paesi dove il fondamentalismo islamico, in Asia come in Africa, ha radici molto profonde: “Le donne nei Paesi musulmani e in molti Paesi dell’Asia – spiega Cristina Merola – sono simboli della purezza e dell’onore della famiglia, e se vengono “compromesse” da un abuso, viene loro detto di nascondersi perché a causa della loro vergogna non hanno più alcun contributo da offrire al mondo in cui vivono”. Ecco quindi che per colpire i cristiani, ragazzine e bambine sono vittime di gravi abusi, tanto fisici quanto psicologici: “La convinzione della maggioranza – prosegue l’esponente di Porte Aperte – è che Dio non proteggerà le donne cristiane perché prive di onore. In alcune regioni musulmane, gli estremisti hanno creato un ambiente in cui donne e ragazze sono prese di mira da stupratori, rapitori e amanti molesti. La pandemia non ha fermato questa pratica”.

Un’infanzia negata dove non esiste spensieratezza, dove non ci sono momenti per giocare e lasciare spazio alla fantasia come avviene normalmente ma solo comportamenti di difesa da incubi reali rappresentati dalle violenze. Queste ultime sono sia psichiche che fisiche e portano le bambine ad essere anche vittime di matrimoni forzati. Una situazione che avviene ad esempio in Pakistan dove, nonostante sia stata ratificata la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione verso le donne, alcuni Stati al suo interno permettono ancora che le bambine e le ragazzine si sposino: il 21% delle ragazze ha assunto lo stato di coniuge  prima di aver compiuto il 18esimo anno di età.

“Nonostante il matrimonio forzato sia stato bandito nel 2011- racconta Cristina Merola – le ragazze delle minoranze religiose sono comunemente prese di mira. Si stima che siano circa 1.000 i delitti d’onore perpetrati ogni anno”. Se le ragazzine hanno difficoltà ad opporsi alle nozze forzate, ancor più difficile è la possibilità di avanzare una richiesta di divorzio al contrario del marito che ha libertà di fare tutto ciò che crede: “Sotto la Sharia – continua Merola – un uomo ha il diritto di divorziare dalla moglie con il talaq (ripudio), mentre una donna deve affrontare uno stigma sociale significativo nel caso in cui chieda il divorzio. Dopo un divorzio, alle donne è di solito concessa la custodia dei bambini al di sotto dei 7 anni, mentre la tutela, con annesso potere decisionale, rimane al padre. Se viene evidenziato il caso che il bambino debba essere cresciuto da musulmano, tuttavia, la custodia dei figli sarà probabilmente data al genitore musulmano, indipendentemente dall’età del bambino”.

La vita per i bambini cristiani non è del tutto differente rispetto alle bambine. La forma di violenza perpetrata nei loro confronti assume modalità differenti ma sempre con terribili conseguenze. Le donne vengono obbligate alla conversione e al matrimonio mentre i maschi vengono costretti a compiere i lavori più pesanti che di solito gli appartenenti alla religione maggioritaria non vogliono fare. Si tratta ad esempio dei lavori di pulizia delle fognature e delle strade che implicano sforzi fisici e psichici disumani. Tra loro ci sono anche i bambini:  “Esiste ancora una forma di lavoro coatto – racconta Cristina Merola – al quale anche i bambini delle famiglie operaie sono vincolati perpetuando tale legame su varie generazioni. Il lavoro minorile è dilagante, Una Ong stima in 12,5 milioni i bambini lavoratori”.

Sono giovani privati del loro normale percorso di crescita e di una sana evoluzione. Le conseguenze di queste costrizioni se non hanno conseguenze prettamente di carattere fisico in un primo momento, sfociano più in avanti in disturbi comportamentali e nella depressione.

S.F / M. I

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