Il disastro della Sanità creato dai governi di sinistra: da Monti a Conte, ecco i veri numeri choc

By Claudia Osmetti

Oramai è diventato uno di quei tormentoni da campagna elettorale buoni per ogni occasione. Eh-ma-i-tagli-alla-Sanità. Lo ripetono, da mesi, i dem di Elly Schlein e lo ripete, da qualche settimana, pure lei, la segretaria-candidata alle europee del Pd che, con tanto di proposta di legge firmata di suo pugno, punta sull’incremento della spesa sanitaria fino al 7,5% del Pil tra quattro anni. Ciò di cui si dimenticano, però, sia i dem che Elly Schlein, è ricordare che la situazione attuale, con le liste d’attesa chilometriche e la coperta che copre a malapena il ginocchio, non dipende tanto dall’operato del governo di centrodestra che si è insediato a Palazzo Chigi solo nel 2022, quanto, piuttosto, dagli esecutivi precedenti, quelli tecnici e quelli propriamente di centrosinistra, che hanno posto le basi, una decina di anni fa, per quel “buco” che, ora, recuperarlo è un mezzo miracolo. Attenzione: buttarla in politica, quando di mezzo c’è la nostra pelle, letteralmente visto che stiamo parlando di cure e pronto soccorsi e ambulatori, non è mai una scelta intelligente.

Primo perché il servizio sanitario è uno di quei beni comuni su cui nessun partito dovrebbe issarci la sua personale bandierina e secondo perché, a farlo, le figuracce sono dietro l’angolo. Ché con la coscienza pulita e la mano lontano dalla mannaia dei bilanci (tocca far quadrare i conti) c’è quasi nessuno. Di certo non c’è il centrosinistra.

FOTOGRAFIA
«Io non voglio giudicare, sono un tecnico della Sanità, mi limito a fare una fotografia di quello che è successo per ragionare di cosa succederà», racconta a Libero Giovanni Migliore, che è il presidente della Fiaso, la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere. È uno preciso, Migliore. Uno che parla a ragion veduta e a cui non interessa la polemica: gli interessa, semmai, trovare le soluzioni per continuare a garantire un servizio che, nonostante tutto, e nonostante pure quel che dica una certa parte parlamentare, è ancora d’eccellenza. Epperò Migliore non ci gira attorno: «Se andiamo a valutare l’andamento della spesa pro-capite normalizzata Ocse scopriamo che fino al 2010 è assolutamente sovrapponibile al resto dei Paese europei e poi comincia a disallinearsi raggiungendo una forbice che, dal 2015, sostanzialmente registra un gap che non è mai stato recuperato».

Tradotto: fino al 2010 (governo Berlusconi, ministro Ferruccio Fazio) andava più o meno tutto bene, ossia andava che la spesa pro-capite sanitaria («i soldini che mettiamo per ogni italiano sulla Sanità») era di 2.436 dollari, perfettamente in linea con gli altri Stati Ue. Qualche mese dopo, l’han chiamata “austerità” e spending review per non dire che il momento di stringere la cinghia e basta, coi governi di Mario Monti prima (ministro Renato Balduzzi) ed Enrico Letta (ministro Beatrice Lorenzin) dopo quel divario è diventato insanabile. «La spesa pro-capite in Italia non è aumentata, altrove sì. Si è creata una differenza oggettiva tanto che, anche se il fondo sanitario è tornato a crescere» e a essere in linea, lui sì, con la spesa pro-capite europea, quella voragine lì era e lì ci è rimasta: sul groppone.

SFORBICIATA
Al portafoglio tutto questo pesa in termini di “tagli” al servizio sanitario nazionale per 25 miliardi di euro effettuati tra il 2012 e il 2015 (governi Monti, Letta, Renzi); tagli che, tra l’altro, le Regioni valutano qualcosina in più, cioè circa 30 miliardi; di una riduzione ulteriore nell’ordine di un miliardo in virtù della legge di stabilità del 2014; di circa undici miliardi di euro ancora per il quinquennio 2015 – 2019 (governi Renzi, Gentiloni, Conte uno). Totale, una sforbiciata di 37 miliardi di euro ben prima che arrivasse la pandemia da Covid e ben prima che Giorgia Meloni mettesse piede a Palazzo Chigi. Fischia le orecchie a qualcuno in quel di via del Nazzareno? Evidentemente no. «Sarebbe ingenuo», tuttavia, prosegue Migliore, «pensare di poter recuperare quel gap oggi». Della serie, la frittata oramai è fatta.

«Dobbiamo invece avere il coraggio di fare un riflessione e adottare una strategia che riporti al centro la salute con la consapevolezza che intervenire in modo differente significa offrire a chi ha dimostrato la capacità di saper gestire il servizio sanitario (e c’è chi l’ha fatto, eccome: ndr) più azione manageriale».

E sarebbe anche il caso, ma questo lo aggiungiamo noi, che la lezioncina su come la buona amministrazione penda sempre a sinistra dell’emiciclo finisca una volta per sempre dato che, numeri alla mano, o si tratta di ipocrisia oppure di propaganda. Anche perché, sull’argomento sanità, più che critica verso il governo Meloni, il centrosinistra dovrebbe impegnarsi in un mea culpa.

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