“Il comitato elettorale di Gualtieri a Ostia era del clan Fasciani”. Il Pd cade dalle stelle: “A nostra insaputa”

La sede del comitato nel X Municipio (Ostia) presa in affitto dal Pd per la rincorsa di Gualtierial Campidoglio e di Mario Falconialla poltrona di minisindaco si trovava in un locale intestato sia a due persone decedute da più di 30 anni che a un’immobiliare riconducibile al clan Fasciani. La denuncia arriva dal quotidiano Repubblica, che ha già registrato altre relazioni pericolose tra Gualtieri e personaggi della criminalità organizzata, come la foto ” rubata” al futuro sindaco dal boss Er Nasca.

In base a documenti di cui Repubblica è in possesso, la sede del comitato elettorale che ha ospitato la campagna elettorale vincente di Gualtieri «è divisa in due particelle: una è intestata a due coniugi deceduti rispettivamente nel 1985 e nel 1986: il sospetto che siano due prestanome è fortissimo. La seconda appartiene a una società immobiliare di nome Lagos, i cui rappresentanti sono familiari stretti – ex moglie e figlio – di Vittorio e Paolo Proteo, nomi molto temuti a Ostia. Arrestati a fine settembre del 2014, sono due commercialisti legati a doppio filo al clan Fasciani».  Interpellato dal quotidiano romano, Flavio De Santis, che ha firmato l’affitto per il Partito democratico, sostiene di non conoscere la Lagos: «Abbiamo incontrato i loro rappresentanti attraverso Wellhome – dice l’esponente dem – peraltro ci deve ancora restituire la cauzione».

In queste stesse ore, con il raro doppiopesismo che a sinistra è da record, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha inaugurato la bella mostra fotografica di Lavinia Caminiti “La mafia uccide, il silenzio pure. Gli invisibili ammazzati dalla mafia e dall’indifferenza”. Una singolare contraddizione, non la sola a sinistra.
Per capire la dimensione del clan Fasciani, va ricordato che rappresenta “un emblematico esempio di mafia locale” e con esso “anche la città di Roma ha conosciuto l’esistenza di una presenza ‘mafiosa’, sebbene in modo diverso da altre citta’ del Sud, ma non per questo meno pericolosa o inquinante il tessuto economico-sociale di riferimento”. Lo ha scritto la seconda sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui, il 29 novembre 2019, confermò l’impianto accusatorio per Carmine Fasciani e la sua famiglia, rendendo definitive le condanne – per oltre 140 anni di reclusione in totale – per una decina di imputati.

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