[…] Il caso sui Caccia polacchi all’Ucraina si ingrossa: cala il mistero

Il caso dei caccia polacchi all’Ucraina sembra trasformarsi in un intrigo internazionale. Il giallo è iniziato nei giorni scorsi, quando dagli Stati Uniti era arrivato un primo semaforo verde nei confronti dei Paesi dell’Alleanza Atlantica a fornire non solo armi ma anche eventualmente mezzi aerei alle forze di Kiev. La Polonia, che possiede vecchi MiG-29 di fabbricazione sovietica dai tempi della caduta del muro di Berlino, era considerata la nazione più accreditata a farlo perché i piloti ucraini utilizzano gli stessi mezzi, e perché Varsavia è da sempre avamposto occidentale contro le mire russe. Soprattutto nella guerra di Vladimir Putin.

L’accordo per la fornitura di jet all’Ucraina era trapelato da una riunione tra il presidente Volodymyr Zelensky e circa 300 membri del Congresso americano in cui il capo di Stato aveva detto che senza no fly zone l’unica alternativa sarebbe stata quella di dare aerei all’aviazione ucraina. Una riunione via Zoom che doveva rimanere segreta ma che era stata resa nota da due parlamentari repubblicani, subendo tra l’altro accuse da parte di osservatori e gente comune per avere sbandierato un possibile accordo internazionale.

La richiesta di Zelensky e l’ipotesi di sostenere la Polonia nella cessione dei mezzi sovietici agli ucraini aveva ricevuto un immediato plauso bipartisan da parte della politica americana. Bob Menendez, presidente della Commissione Esteri del Senato americano, ha scritto una letteraper chiedere al governo di “fare tutto il possibile per risarcire i Paesi che ascoltano la disperata richiesta dell’Ucraina di aerei da combattimento per difendere la loro patria”. In pratica confermando la possibile fornitura di aerei sostitutivi. E, come racconta il sito americano Axios, anche il repubblicano Jim Rischaveva inviato un tweet sulla stessa linea: “Non c’è assolutamente alcun motivo per cui non possiamo fornire aerei a Zelensky e agli ucraini. I nostri alleati sono disposti e in grado di fornirli”.

Da Varsavia erano però giunte smentite, che confermavano in realtà la linea del presidente Andrej Duda definita nei giorni precedenti, e cioè che la Polonia non avrebbe fornito aerei perché si voleva tenere al di fuori del perimetro della guerra. Troppi rischi, nonostante l’ok dello stesso Segretario di Stato Usa Anthony Blinken. E i timori polacchi erano stati confermati direttamente dalla Russia, dove il ministero della Difesa aveva diramato una nota in cui sottolineava che la fornitura di basi e aerei all’Ucraina da parte di altri Paesi avrebbe significato il potenzialmente coinvolgimento di questi ultimi in guerra.

Poi, nella serata di martedì 8 marzo, un nuovo incredibile “giallo”, ma questa volta di senso opposto. La Polonia, attrave0rso i propri canali ufficiali, aveva praticamente dato per fatto l’accordo per l’invio dei suoi Mig non all’Ucraina, ma agli Stati Uniti, e precisamente nella loro principale base in Germania. “Le autorità della Repubblica polacca, dopo una consultazione del presidente e del governo, sono pronte a portare senza indugio e gratuitamente tutti i suoi aerei Mig-29 alla base di Ramstein e di metterli a disposizione del governo degli Stati Uniti”, aveva scritto in una nota il ministero degli Esteri. E questo soltanto dopo due giorno dal tweet molto netto della cancelleria del primo ministro, Mateusz Morawiecki, che affermava: “La Polonia non darà i suoi caccia all’Ucraina così come non metterà a disposizione gli aeroporti. Noi stiamo aiutando concretamente gli ucraini ma in altre aree”.

L’offerta di Varsavia, inoltre, prevedeva che la richiesta agli Stati Uniti “di fornirle aerei di seconda mano con le stesse capacità operative. La Polonia è pronta a fissare immediatamente le condizioni per l’acquisizione”. In questo senso, i media statunitensi avevano parlato nei giorni scorsi della possibilità di vendere al Paese europeo gli F-16proprio in sostituzione di questi Mig-29 (23 su 30 quelli operativi).

Non solo, il premier Morawiecki aveva poi aggiunto in conferenza stampa a Oslo che “la Polonia non è una parte di questa guerra e la Nato non è una parte di questa guerra. Di conseguenza, qualsiasi decisione di consegnare armi offensive deve essere presa dalla Nato nel suo insieme, all’unanimità”. Insomma, Varsavia si diceva pronta a fornire tutto il proprio sostegno ma a condizione che a decidere sul loro utilizzo sia l’Alleanza Atlantica. Linea ribadita dallo stesso primo ministro proprio oggi, a Vienna, dopo un incontro con il cancelliere austriaco Karl Nehammer.

La notizia, giunta dopo che il presidente Usa Joe Biden aveva annunciato l’embargo petrolifero a Mosca ma ribadendo di non voler il proprio Paese coinvolto militarmente, ha allarmato l’amministrazione statunitense. “Non ci avevano consultato prima e credo che si tratti di un annuncio a sorpresa da parte dei polacchi”, ha detto Victoria Nuland in un’audizione parlamentare. “Ci sono diversi fattori da prendere in considerazione e vi sono pareri divergenti fra i nostri alleati e anche in seno al governo” ha proseguito.

A stretto giro di posta è arrivata anche la ferma reazione del Pentagono, che ha definito la cessione di MiG-29 in Germania come non “sostenibile”. Il portavoce John Kirby ha scrittoche l’ipotesi di aerei che partono dalla base di Ramstein “per volare in uno spazio aereo che è contestato con la Russia sull’Ucraina solleva serie preoccupazioni per l’intera alleanza della Nato”. “Continueremo a consultarci con la Polonia e gli altri nostri alleati della Nato su questo problema e le difficili sfide logistiche che presenta, ma non crediamo che la proposta della Polonia sia una proposta sostenibile”, ha concluso Kirby, spegnendo le velleità di Varsavia.

Ma la domanda sorge spontanea: cosa è cambiato in queste ore? Prima il dipartimento di Stato Usa ha dato il suo placet. Poi la Polonia ha smentito. Dopo il governo polacco ha rilanciato, ma è arrivata la netta presa di posizione del Difesa e della diplomazia Usa. Probabilmente perché lo stesso presidente, in linea con altri leader della Nato, teme che la guerra possa allargarsi provocando un’escalation drammatica. In tutto questo il Cremlino continua ad avvertire: lo scenario, spiega Mosca, può essere “estremamente indesiderabile e potenzialmente pericoloso”.

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