By Fabrizio De Feo
Accelerazione e successiva marcia indietro sul finanziamento ai partiti, con una brusca frenata dettata da Sergio Mattarella. Se in giornata si era diffusa la notizia di un accordo tra le forze politiche per modificare la norma sui fondi pubblici alla politica, in serata dal Colle arriva l’altolà.
Il motivo? È il Sole24Ore a svelarlo, rivelando che il Capo dello Stato non condivide l’inserimento di questa modifica all’interno del Dl Fiscale con un emendamento. Inoltre Mattarella ritiene che un argomento così complesso meriti una riforma autonoma e non possa essere infilato in maniera quasi clandestina all’interno di un emendamento, per giunta di un decreto legge che per sua natura viaggia su una corsia preferenziale basata sui criteri di necessità e urgenza. Il sistema che si andava profilando prevedeva un prelievo automatico nella dichiarazione dei redditi, con un finanziamento pubblico alla politica che sarebbe passato dai 25 milioni attuali a 42 milioni, un sistema che avrebbe ricalcato il meccanismo dell’8 per mille. L’emendamento nasceva attraverso un emendamento riformulato dal governo al Dl Fiscale che riscriveva due proposte in materia inizialmente presentate dal Pd e Avs. Il testo prevedeva che per ciascun esercizio finanziario, con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta precedente, «una quota pari allo 0,2 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche» fosse destinata «a favore di un partito politico». Le destinazioni sono stabilite «esclusivamente sulla base delle scelte effettuate dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi, ovvero per i contribuenti esonerati dall’obbligo di presentare la dichiarazione, mediante la compilazione di una apposita scheda». Il contribuente avrebbe dovuto indicare sulla scheda un solo partito politico cui destinare lo 0,2 per mille. In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, «la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse», l’inoptato insomma sarebbe andato a finire in una sorta di cassa comune e poi ripartito tra le forze politiche in base alle scelte volontarie effettuate dagli italiani. Il correttivo avrebbe raddoppiato le risorse a disposizione delle forze politiche.
Se Avs si era poi dissociata dall’emendamento riformulato, il Pd aveva appoggiato così le forze di maggioranza. Nel 2023 le forze politiche avevano ricevuto 24,1 milioni di euro da 1,7 milioni di italiani.
In sostanza solo cinque contribuenti su cento avevano deciso di versare ai partiti una fetta delle loro imposte. Un sostanziale disinteresse che provoca però problemi alle forze politiche. Una questione su cui ora maggioranza e opposizione dovranno fare una riflessione comune, individuando un diverso vettore normativo.