I costituzionalisti sputtanano Letta sulla legge elettorale che porta la loro stessa firma: “Basta con l’alibi del Rosatellum. Chi perderà è perché non ha i voti”

Niente alibi, chi perderà le elezioni non incolpi il Rosatellum, la legge elettorale. Perderanno perché non hanno i voti. Punto. Letta prenda nota. Due costituzionalisti intervengono a smascherare la scusa che la sinistra sta usando per “legittimare” la sua prossima débacle. Quel Rosatellum che oggi tutti maledicono, Pd in primis che pure lo votò. Da tempo a sinistra si sente la litania che il Rosatellum metterebbe a rischio la democrazia (perché a questa tornata elettorale vincerebbe il centrodestra). Un disco rotto che potrebbe indurre tanti italiani ad astenersi dalle urne. Un gioco sposco. Niente di più falso: “la legge elettorale non ha colpe, è un meccanismo matematico che dà un risultato sulla base del modello. Gli attori che sono in gioco sanno benissimo che questa legge elettorale è la stessa della volta scorsa e quindi conoscono perfettamente il suo funzionamento”. A parlare all’Adnkronos è Giovanni Guzzetta, costituzionalista e ordinario di Diritto pubblico all’Università di Roma Tor Vergata.

Il Rosatellum, aggiunge Guzzetta, allora andava bene. Oggi che le convenienze di alcuni sono cambiate non più: dare la colpa al Rosatellum è quindi solo un’alibi. Chi non dovesse vincere non dia colpe alla legge elettorale”. “Non c’è infatti sistema di voto che possa far aumentare il consenso ad un partito”. “I sondaggi – spiega Guzzetta – funzionano come se ci fosse una legge proporzionale pura: registrano infatti il consenso proporzionale di ciascun partito. Siccome il Rosatellum non è una legge proporzionale pura ma una in cui esiste una correzione maggioritaria, è difficile dire quali saranno gli effetti finali. Questi infatti dipenderanno dalle varie competizioni a livello territoriale e dall’andamento dei collegi uninominali. Se sul proporzionale, tuttavia, una coalizione prendesse circa il 47%, il risultato in termini di seggi sarebbe superiore: avrebbe in tal caso, infatti, la maggioranza assoluta”. Tutto questo meccanismo non rappresenta alcuna novità. Che i partiti probabili perdenti se ne facciano scudo è ridicolo.

“Questo sistema – dice il costituizionalista-  non rappresenta una novità perché è proprio quello che si voleva quando il Rosatellum è stato approvato: ogni offerta elettorale è sempre costruita con riferimento al sistema elettorale che c’è in quel momento storico. Non ci si può lamentare della legge elettorale perché si sa perfettamente come funziona. Se non si è riusciti a offrire un’offerta competitiva agli elettori non si può dare la responsabilità al sistema di voto”.

Celotto: “Chi vincerà è perché ha i voti, chi perderà è perché non li ha.

Ancora più chiaro il costituzionalista Alfonso Celotto.“La legge elettorale aiuta chi i voti già li ha e non penalizza nessuno. Il Rosatellum non è il problema: certamente si tratta di un sistema che dà più seggi rispetto alla proporzione di voti ottenuti; e quindi fa vincere ‘un po’ di più’, ma i risultati del 25 settembre dipenderanno dai voti che prenderanno i partiti. Chi vincerà è perché ha i voti,chi perderà è perché non li ha. Alla fine sarà chiaro il risultato che uscirà dalle urne perché saranno i cittadini a scegliere i loro rappresentanti”. Lo ribadisce  all’Adnkronos il costituzionalista  e professore di Diritto costituzionale all’Università degli Studi Roma Tre, spiegando quali effetti avrà il Rosatellum sulla spartizione dei seggi, stando ai sondaggi elettorali dei giorni scorsi.

“Se per esempio – spiega Celotto – il centrodestra prendesse il 48% dei voti, come indicano alcuni sondaggi di quest’ultima settimana, conquisterebbe il 54% dei seggi. Questo è possibile perché, soprattutto col meccanismo dei collegi, si può anche prendere soltanto il 30% in un singolo collegio. Ma chi ottiene anche solo un voto in più vince: nella parte maggioritaria della legge elettorale si moltiplica cioè il suo effetto. Chi poi non fa parte dei due poli principali, come il Movimento Cinque Stelle o il Terzo Polo, nelle 8 regioni in cui si eleggono meno di 5 senatori, se non prende almeno il 20% dei voti non solo perde il collegio ma non rientra neanche nella parte proporzionale. I partiti medio-piccoli sono quindi svantaggiati a favore delle coalizioni”.

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