Guerre oltre oceano. Il ruolo dell’Italia è fondamentale…

L’uccisione dell’ambasciatore Luca Attanasio dello scorso 22 gennaio, ha riproposto al centro dell’attenzione il ruolo che il nostro Paese può rivestire in Africa. Il diplomatico,rimasto ucciso assieme al carabiniere Vittorio Iacovacci a seguito di un agguato nella Repubblica Democratica del Congo, rappresentava l’Italia a Kinshasa e dunque nel cuore del continente africano. Una zona che forse all’opinione pubblica appare molto lontana, tanto a livello geografico quanto sotto il profilo dei nostri interessi nazionali. Ma in realtà è proprio qui, assieme ad altre aree dell’Africa, che convergono una serie di questioni delicate sotto il profilo politico ed economico in grado di riguardarci da vicino. Ed è proprio qui che l’Italia deve continuare ad esserci.

Per provare a mantenere un ruolo di primo piano negli scenari internazionali più delicati, Roma deve continuare ad essere presente anche negli angoli solo apparentemente più remoti del continente africano. Luca Attanasio era in missione in una provincia, quale quella del North Kivu, funestata da anni di guerra, carestie e crisi sanitarie. Una zona instabile dalle precarie condizioni di sicurezza, difficile anche da raggiungere. Eppure anche lì l’Italia era presente, in primis con il nostro ambasciatore ucciso poi nell’imboscata. Ma anche con diverse organizzazioni umanitarie che da anni operano nell’area. Quello del Congo è solo un esempio, reso molto attuale dalla tragedia che ha colpito Attanasio. Sono diversi i territori dove l’Italia è presente sotto varie forme. A partire proprio da quella diplomatica. Sono 25 le ambasciate italiane in Africa, l’ultima è stata aperta in Niger nel gennaio 2018. A Tripoli la sede della nostra rappresentanza diplomatica è l’unica realmente operativa tra quelle dei Paesi occidentali. Sono presenti poi diversi consolati sparsi in quasi tutti i Paesi africani.

Una ragnatela di rappresentanze che rende bene l’idea dell’importanza per l’Italia di essere presente nel continente. C’è poi l’aspetto militare. In Africa i nostri soldati sono impegnati in diverse operazioni. Proprio in questi giorni in Mali dovrebbero arrivare membri delle forze armate italiane per avviare definitivamente la missione Takuba. Non molto distante, dal 2018 operano in Niger altri nostri militari in una missione volta all’addestramento delle forze locali. L’Italia nel Sahel è chiamata soprattutto a frenare le avanzate dei terroristi e dar manforte agli eserciti di questi Paesi nel contrasto all’immigrazione irregolare.

Buona parte dei flussi migratori che arrivano in Libia hanno proprio nel Niger il principale snodo. Terrorismo e immigrazione sono alcuni dei principali interessi che riguardano da vicino il nostro Paese. Militari italiani sono presenti anche nel corno d’Africa, a partire dalla Somalia. A Gibuti è operativa la base Amedeo Guillet, a sostegno soprattutto delle operazioni anti pirateria. A largo delle coste del Benin, nello scorso mese di novembre, la fregata Federico Martinengo della Marina militare italiana è intervenuta per sventare l’attacco di pirati contro una nave cargo.

Occorre sottolineare poi il lato economico. Secondo la United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD), l’Italia è al sesto posto tra i Paesi che hanno maggiormente investito in Africa. Davanti al nostro Paese soltanto Cina, Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Paesi Bassi. Gli investimenti diretti italiani nel continente dal 2018 in poi sono ammontati ad una media di 28 miliardi di Euro.

A trainare l’Italia nella top ten di questa speciale classifica, sono soprattutto le operazioni di alcune grandi aziende operanti nel settore energetico. L’Eni ad esempio ha diversi stabilimenti in Libia, così come in Nigeria e in altri 12 Paesi africani. Proprio la società italiana nel 2015 si è resa protagonista della scoperta del giacimento di gas di Zohr, dirimpettaio alle coste egiziane e accreditato come il più grande del Mediterraneo. In Africa c’è anche la presenza di Enel, mentre in Etiopia la cosiddetta “Diga della rinascita” è stata costruita dalla Impregilo.

Economia, petrolio, sicurezza, immigrazione, sono soltanto alcuni dei temi che giustificano una significativa presenza del nostro Paese in Africa. L’argomento quindi, specialmente dopo la morte di Luca Attanasio, è tornato ad essere tra quelli più centrali in tema di politica estera italiana: “La tragica morte dell’ambasciatore e del carabiniere – ha dichiarato nei giorni scorsi Carlo Fidanza, responsabile esteri di Fratelli d’Italia – ha riacceso i fari su un continente dimenticato dalla politica estera italiana. L’instabilità politica, lo sfruttamento neocoloniale, il ruolo crescente della Cina, l’espansione del radicalismo islamico, i fenomeni migratori impongono una maggiore attenzione da parte dell’Italia e dell’Europa. Ci auguriamo che alla Farnesina qualcuno decida di occuparsene”.

A fargli eco la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: “L’Africa è un continente ricchissimo di materie prime, nonostante sia il più povero del mondo. Nessuna “transizione energetica” e “green economy” sarebbe possibile senza l’Africa ma il leader mondiale dell’estrazione e trasformazione dei metalli in materiale tecnologico è la Cina – si legge in una sua recente dichiarazioni – L’Africa è la più grande riserva mondiale del “nuovo petrolio”, consentire agli africani di godere della loro ricchezza è la chiave per inaugurare una nuova stagione di prosperità e libertà per tutti”. Interventi che potrebbero preludere, a margine dei tragici eventi che hanno riguardato il nostro ambasciatore in Congo, a una nuova fase di dibattito sul ruolo italiano nel continente africano.

Pubblicato da edizioni24

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