Governo, l’insalata va rimescolata. Solo Crimi difende Conte: “Chi ne parla è fuori dalla realtà”

Sarà pure evocatrice delle liturgie della Prima Repubblica, ma oggi la parola “rimpasto” non fa più sussultare di sdegno gli italiani. Tutt’altro. A dar retta, infatti, ad un sondaggio realizzato dall’Istituto Tecnè e rivelato da Monitor Italiail 57,4 per cento degli italiani ritiene che il governo avrebbe bisogno di cambiare alcuni ministri per rafforzare la propria azione. Se questo è il contesto, non stupisce che i protagonisti del Palazzo non rifuggano più da quella parola come i vampiridall’aglio. Il rimpasto non lo nega nessuno. Più che altro si limitano a presentarlo come il necessario “lato b” dell’aggiornamento programmatico.

«Prima l’agenda, poi la squadra», detta non a caso Matteo Renzi, il leader più indiziato di rimpasto. Secondo alcuni, ne avrebbe accennato allo stesso Conte nel corso del colloquio dei giorni scorsi. Ma lui nega. E ai suoi assicura: «È solo uno stucchevole chiacchiericcio». Già, prioritaria, per lui, è l’agenda: piano per la «distribuzione del vaccino», un Recovery Plan «che non sia un insieme di micro interventi», infine l’immancabile «centralità della scuola».

Neanche Goffredo Bettini, gran cerimoniere del governo giallorosso e vera eminenza grigia di Zingaretti prende le distanze dal rimpasto. «Adesso – premette dai microfoni di Sky Tg24 – ci sono tanti morti per la pandemia. Poi si parlerà di riassetto, se se ne dovrà parlare». Praticamente, gli ha solo cambiato nome. Per trovare un contrario nella maggioranza bisogna andare tra i Cinquestelle. «Nessuno dei nostri ministri è sacrificabile», avverte il reggente Vito Crimi. Per poi aggiungere: «Chi parla di rimpasto è fuori dalla realtà». Ma a sinistra c’è anche chi il rimpasto lo teme. È il caso di Paola De Micheli, ministro Pd dell’Infrastrutture, dicastero che fa gola a molti. «Fintanto che c’è questa crisi – avverte – credo sia un po’ strano parlare di poltrone».

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