Gli scandali in Vaticano partono dalle aule giudiziarie. Il 27 luglio Becciu alla sbarra, non solo lui… 8 i capi di imputazione. Segreto di Stato sui rapporti con Marogna

Il cardinale Angelo Becciu, ex potentissimo sostituto alla Segreteria di Stato della Santa Sede, dovrà affrontare un processo per lo scandalo relativo all’investimento del Vaticano su un palazzo di Londra.

Otto i capi di imputazione cui è chiamato a rispondere, tra cui peculato, abuso d’ufficio e subornazione di teste. Coinvolte insieme a lui, con altre ipotesi di reato come truffa ed estorsione, altre nove persone: Cecilia Marogna, Fabrizio Tirabassi (funzionario della Segreteria di Stato), gli uomini d’affari Gianluigi Torzi e Enrico Crasso, monsignor Mauro Carlino (che reggeva l’ufficio documentazione della segreteria), Raffaele Mincione, finanziere italo-svizzero che gli inquirenti non esitano ad indicare come il “dominus indiscusso delle politiche di investimento di una parte considerevole delle finanze della Segreteria di Stato”.

Dovrà difendersi in aula anche Tommaso di Ruzza, già direttore dell’Aif, come anche Renè Brulhart, che dell’Autorità di supervisione finanziaria del Vaticano è arrivato ad essere presidente. Oltre a loro l’avvocato Nicola Squillace.

Le indagini, svolte anche con rogatorie in paesi come Emirati Arabi Uniti, Gran Bretagna, Jersey, Lussemburgo Slovenia e Svizzera, hanno fatto emergere una vasta rete di relazioni con operatori dei mercati finanziari che avrebbero generato forti perdite per le finanze vaticane, avendo attinto anche alle risorse destinate alle opere di carità personale del Santo Padre.

L’iniziativa giudiziaria è direttamente collegabile alle indicazioni e alle riforme di Papa Francesco volte alla trasparenza e al risanamento delle finanze vaticane; opera che, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbe stata fortemente contrastata da attività speculative illecite e pregiudizievoli sul piano reputazionale. Per il processo a Becciu la segreteria di Stato del Vaticano si costituirà parte civile, a rappresentarla sarà l’avvocato Paola Severino.

Stando a quanto scrive l’Ufficio del promotore di Giustizia vaticano nella richiesta di citazione a giudizio, Becciu avrebbe interferito nel procedimento penale prima ancora di esserne coinvolto. A supporto di questa ipotesi viene riportato un sms di Becciu all’allora gestore delle finanze vaticane, Enrico Crasso, risalente al 23 gennaio 2020: “Al momento giusto – scrive il cardinale – bisognerà fare una bella campagna stampa!! Anzi lei potrebbe farla subito. Chieda al suo avvocato se è il caso di sburgiardare subito i nostri magistrati!”.

“In questi lunghi mesi – scrive in una nota il cardinale – si è inventato di tutto sulla mia persona, esponendomi ad una gogna mediatica senza pari al cui gioco non mi sono prestato, soffrendo in silenzio, anche per il rispetto e la tutela della Chiesa, a cui ho dedicato la mia intera vita. Solo considerando questa grande ingiustizia come una prova di fede riesco a trovare la forza per combattere questa battaglia di verità… Sono vittima di una macchinazione ordita ai miei danni, e attendevo da tempo di conoscere le eventuali accuse nei miei confronti, per permettermi prontamente di smentirle e dimostrare al mondo la mia assoluta innocenza”.

Becciu si è trincerato dietro il segreto di Stato, chiamando in causa anche il Papa, di fronte alla richiesta degli inquirenti vaticani di fare chiarezza sui rapporti con Cecilia Marogna, in relazione ai 575mila euro che la segreteria di Stato le ha versato e che, a detta dell’accusa, sarebbero stati spesi in beni di lusso. In una dichiarazione riportata nella richiesta di citazione a giudizio dell’Ufficio del promotore di Giustizia vaticano, Becciu spiega: “Negando categoricamente di aver mai, contrariamente a quanto contestato, sottratto, appropriandomene e convertendola in profitto, la somma di 575.000 euro contestata (o, per vero, qualsiasi altra), ritengo, ai sensi dell’art. 248, c. 2, c.p.p., e soprattutto in coscienza, di non poter essere interrogato su questi fatti e circostanze e sulle decisioni assunte, peraltro concordati con il Santo Padre, perché costituenti segreto politico concernente la sicurezza dello Stato”. Ai giornalisti di Report Marongia aveva raccontato di essere stata “incaricata dal Cardinale di svolgere attività di dossieraggio, su figure interne al Vaticano, a mo’ di servizio segreto parallelo”.

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