Gli effetti della Brexit si fanno sentire, turista italiano trattenuto ore e respinto: “Trattato come un criminale”

La denuncia di un turista italiano incappato nelle maglie della Brexit – o meglio nella rete delle sue degenerazioni burocratiche – fa accapponare la pelle. Oltre che suscitare sdegno e sconcerto. Perché il quadro delle limitazioni per gli stranieri che emerge – cittadini europei compresi – denuncia un trattamento inaccettabile da parte delle forze dell’ordine di frontiera che, su disposizione delle autorità britanniche, evidenzia la linea dura varata da Londra post Brexit e fin troppo scrupolosamente agita dai frontalieri in servizio effettivo e permanente.

Come effettivo e permanente, anzi di più: indelebile, è il ricordo che restare all’ultimo malcapitato finito nelle maglie di un sistema per rispettare il quale, gli addetti ai controlli sull’arrivo degli stranieri, fa leva su procedure e modalità di esecuzione delle stesse umilianti al limite del discriminatorio. Ma andiamo con ordine. L’ultima dimostrazione sul campo è quella di un turista italiano, che ha denunciato di essere stato trattenuto per sette ore e poi respinto dalle autorità di frontiera britanniche. Le quali, stando al racconto dell’uomo, lo avrebbero trattato come un bugiardo o un criminale. «È stato orribile. Sono disgustato per come mi hanno trattato. Non sono mai stato umiliato così in vita mia», ha raccontato al Guardian il 51enne Sergio D’Alberti. Giurando di non voler mai più tornare in Gran Bretagna. «Per me il Regno Unito non esiste più. Non fa più parte del mio vocabolario. Dopo Calais c’è il Polo Nord», ha affermato ancora scosso il turista.

Manager d’albergo disoccupato a causa del covid, D’Alberti era partito dalla sua casa in Costa Azzurra per una vacanza in macchina verso la contea irlandese di Kerry, dove vivono i parenti della moglie. Ma al posto di confine di Calais, dove ci si ferma prima di entrare nel tunnel sotto la Manica, o di salire sul traghetto, non gli hanno creduto. E così, come denunciato dall’imprenditore alla testata britannica, le forze dell’ordine locali lo hanno trattenuto per sette ore. Lo hanno fotografato. E gli hanno pure preso le impronte: «Come fossi un criminale», insiste a dire l’uomo che non riesce ancora a capacitarsi di quanto subìto.

D’Alberti ha detto di essere un turista, ma le autorità si sono convinte che volesse cercare un lavoro o pesare sulla sicurezza sociale britannica. A sollevare i sospetti è stato il fatto che, a parte l’hotel per la quarantena, non aveva prenotato altri alberghi. E non aveva il biglietto di ritorno. Probabilmente data l’ospitalità offerta dai parenti della moglie. Non solo. Secondo il suo racconto, D’Alberti disponeva di 4500 euro di fondi. Denaro che le autorità di frontiera hanno giudicato non sufficiente per il suo mantenimento «senza lavorare o ricevere sostegni pubblici».

E così, sommata una cosa all’altra, il risultato doveva combaciare con le norme post Brexit Pertanto, la notifica con la quale gli è stato negato l’ingresso, mostrata sul sito del Guardian, afferma che le sue dichiarazioni di non voler entrare in Gran Bretagna per cercare lavoro, non sono state ritenute «soddisfacenti». Dunque, un timbro e via: l’uomo viene rispedito indietro. La polizia di frontiera rivendica il diritto di respingere cittadini europei se ci sono ragionevoli dubbi circa la loro intenzione di lavorare durante il loro soggiorno all’interno dei confini del Regno Unito. Un diritto che, sordo ai doveri di passaggio e ospitalità, nega però a chi si affaccia in Inghilterra il diritto a un ingresso civile e a controlli dignitosi..

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