Giuseppi Conte cambia anima e si professa padre costituente

Letta propone il tavolo sulla manovra e lui rilancia con il confronto sulle riforme costituzionali; il voto per il Colleimpegna i partiti in strategie e mosse tattiche e lui auspica il dialogo tra tutte le forze dell’arco parlamentare; Luigi Di Maio straparla di Quirinale, Europa e strategie e lui derubrica tanto attivismo a marketing per la presentazione del libro. Dopo gli schiaffi sui capigruppo, mentre il riposizionamento in Europa langue e le manovre per costruire una stabile alleanza rossogialla prefigurano il rischio di uno schiacciamento sul Pd, Giuseppe Conte sembra volersi smarcare dai problemi legati alla sua debole leadership pentastellata proponendosi come nuovo padre costituente.

L’uomo delle istituzioni, più che il capo di un movimento che, ancora dopo mesi e dopo la designazione della segreteria, non riesce a controllore.

L’impressione si ricava dalla lunghissima intervista rilasciata a La Stampa di oggi, nella quale liquida le cronache dei problemi interni come «letture fuorvianti e malevole» e si intravede anche una certa voglia di restituire qualche “favore” a Matteo Renzi, anche a costo di mettersi al tavolo con Silvio Berlusconi. Il ragionamento parte dal tavolo dei leader sulla manovrasollecitato da Letta. Giuseppe Conte ci sta, ma allarga il perimetro ai capigruppo, perché «non vorrei che un incontro del genere venisse percepito come lesivo delle prerogative del Parlamento». Al primo rilancio, però, ne segue subito un altro: quello sul «confronto con tutte le forze politiche, anche di opposizione, per affrontare il tema delle riforme costituzionali».

Sono prioritarie, afferma Conte, che poi va all’affondo su Renzi,quando dice che anche a livello internazionale non si possono avere premier sempre in bilico «magari per colpa di piccoli partitini». Dribbla la domanda se si tratti di un modo per vendicarsi del leader di Italia Viva, ricordando che ci sono passati anche Berlusconi, che «è leader di un partito di maggioranza», e Letta, sorvolando sul fatto che fu anche lui vittima del rottamatore. Quanto allo stesso Renzi, però, invece di inglobarlo nell’assise del confronto che vorrebbe, gli concede diverse battute velenose: «Ci aspettiamo che trovi il tempo, tra un viaggio di affari e l’altro, per rispondere alle 13 domande su Open e sulla campagna di delegittimazione degli avversari, che il M5S gli ha posto». E, ancora, «Renzi pensa sia tutto uno show. Ma le questioni poste sono serie e gravi e vanno chiarite».

Conte spiega di avere tante riforme in mente per rivedere l’impianto dello Stato: dalla sfiducia costruttiva alla fiducia a camere unificate, dalla possibilità del premier di sostituire i singoli ministri alla modifica dei regolamenti parlamentari in modo da rendere poco conveniente il passaggio dall’uno all’altro gruppo. Insomma, un piano per la stabilità, che avrebbe però anche l’effetto “a margine” di chiudere ogni spazio a Renzi.

E Conte propone «il confronto con tutte le forze politiche dell’arco parlamentare» anche per l’elezione del presidente della Repubblica, perché – dice – «non sarebbe una buona idea pensare di eleggerlo a colpi di maggioranza». «Ma vuole Draghi al Quirinale o a Palazzo Chigi?», gli chiede Ilario Lombardo, che firma l’intervista. Conte è cauto, cautissimo e invita a non «tirarlo per la giacchetta» anche rispetto all’ipotesi che possa restare a Palazzo Chigi anche dopo il 2023, adombrata da Berlusconi.

Anche questo passaggio non si può non leggere alla luce dei problemi interni che Giuseppe Conte deve fronteggiare nel M5S. E, infatti, lo nota il cronista, ricordando che l’ex premier prima ha promosso Draghi al Quirinale e poi è sembrato fare una marcia indietro per non spaventare i parlamentari che temono il voto. «È sicuro di garantire il controllo del M5S per il Colle?», è dunque la domanda. Conte rifiuta l’espressione «controllare i parlamentari» e, ribadendo di non voler andare al voto, parla di «confronto tramite i capigruppo» e soluzione da «trovare insieme».

Epperò ancora risuonano, nelle cronache, le urla avvertite nei corridoi delle Camere quando c’era da rinnovare i capigruppo M5S. Una battaglia interna dalla quale Conte è uscito sconfitto e rispetto alla quale non sembra voler commentare. «Finiamola con queste letture fuorvianti e malevole, alimentate da chi dice appunto che voglio andare al voto prima, qualcuno che anche dentro il M5S vuole male al M5S», è la sua risposta, nella quale il suo ruolo diventa solo quello di chi rispetto ai gruppi si è «solo sincerato che ci fosse piena condivisione da entrambi del progetto politico che stiamo realizzando».

«Non accetto contrapposizioni tra contiani e anti-contiani, ma mi premuro solo che tutti siano coinvolti in questo nuovo corso. E anche Crippa mi ha sempre dichiarato la sua piena adesione a questo progetto», aggiunge Conte, che riserva una lettura minimizzatrice – e neanche troppo lusinghiera – anche all’attivismo di Di Maio sui maggiori temi sul tavolo. «Luigi – è la spiegazione del leader pentastellato – sta presentando il suo libro appena uscito. È normale che abbia molte occasioni in cui parlare anche dell’attualità politica».

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