Meloni attrae anche la giornalista di sinistra Concita De Gregorio: “Una fuoriclasse. Era già una leader ma ora lo sanno tutti”

“Una fuoriclasse”. Giorgia Meloniseduce anche Concita De Gregorio. Che si smarca con nettezza e una certa dose di ironia dalla narrazione progressista e femminista sul pericolo Meloni. E sulla sua presunta inadeguatezza e ambiguità rispetto all’ingombrante passato. In un lungo ritratto su Repubblica (dal titolo forse fuorviante Giorgia l’equilibrista) promuove a pieni voti il discorso del primo premier donna della storia repubblicana. “Impeccabile. Convinto, competente, appassionato, libero, sincero”. Di destra, certo. Ma cosa vi aspettavate? scrive la De Gregorio rivolgendosi alle opposizioni e ai colleghi che arricciano il naso di fronte all’eccesso di identità nelle parole meloniane.

Ora il talento e il carisma dell’enfant prodige venuta dalla strada è di dominio pubblico. “La leader c’era già, da anni, solo che ora l’hanno vista tutti – cancellerie del globo comprese – e la verità da dire, la verità gaglioffa, è che non se l’aspettavano. Nessuno, se l’aspettava. Né l’opposizione, né i suoi. Si leggeva nei silenzi, nei sorrisi timidi, negli applausi di farfalla dell’emiciclo”. La Meloni – sottolinea l’ex direttrice de l’Unità– ha spiazzato tutti. Passando sotto le forche caudine del fascismo e delle leggi razziali. “Il punto più basso della storia, una vergogna”. Parole che dovrebbero far tacere chi ancora va cercando ambiguità. De Gregorio passa in rassegna tutti gli argomenti tabù che Meloni ha affrontato spuntando le armi degli avversari.

A partire dal femminismo. “Ecco il suo Pantheon. Già, ma non sono le nostre. No, certo, sono le sue. Ma le chiama per nome, si fa chiamare per nome. E per giunta pretende l’articolo al maschile: urge dibattito”. Anche qui la giornalista di sinistra è implacabile con il cabaret della sinistra a corto di argomenti. Nessun dibattito su grammatica e articoli, dice smontando le critiche della Boldrini inalberata. “Non si tratta di imporre una regola, di essere in modo speculare e contrario autoritari/ie, con schwa o senza. Si tratta di rispettare la sensibilità della persona. Se io ti autorizzo a chiamarmi per nome puoi farlo, se non ti autorizzo no. E questo vale per tutti. Anche per lei, la Meloni, che intende farsi chiamare Il presidente contro la grammatica”.

Alla sinistra manda a dire di farsi avanti con le sue opinioni, non con critiche sterili condite di stereotipi. “Possibilmente comprensibili perché se nessuno vi capisce non serve a niente dire ‘non è così semplice’: è semplice, invece, quello che è evidente – di solito”. Poi una precisazione perché non si pensi che Concita si sia convertita al verbo della destra nazionalista. “Non sono d’accordo coi due terzi delle cose che ha detto. Per quel niente che conta, ma l’ho ascoltata con grande attenzione. Per la prima volta da molti anni ho sentito – in un discorso di insediamento – l’eco di una storia personale appassionata e convinta. E  ho avuto voglia, avrei voglia, di discuterne. Non è questa forse la linfa della democrazia? Avere qualcuno con idee diverse dalle tue a cui opporre altre ragioni?”. Neanche a dirlo, però, il problema di Giorgia sono i suoi compagni di viaggio. Ma questa è un’altra storia.

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