Gas, Eni e Edison prendono le distanze dallo Zar, era tutto regolare. Il nuovo contratto ignorato. Piovono controlli. Ecco i Paesi che importano di più

Eni non pagherà il gas russo in rubli e anche Edison si smarca dalle minacce russe. Interpellato da il Giornale, il gruppo controllato dalla francese Edf ha «escluso pagamenti nelle divisa di Mosca, sicuramente fino a fine anno quando scadrà il contratto spot attualmente in essere». Edison ha uno dei portafogli long-term più ampi e diversificati di approvvigionamento di gas naturale in Italia e da Mosca importa un miliardo di metri cubi l’anno, circa il 7% del proprio portafoglio. Il contratto in essere con Mosca scadrà il 31 dicembre 2022.

La linea italiana appare dunque chiara ed è stata dettata ieri dall’ad di Eni, Claudio Descalzi, che per primo ha preso posizione in Europa sul tema. Il «no» al rublo, secondo fonti di settore, dovrebbe comunque essere confermato anche dagli altri Paesi considerati nemici da Vladimir Putin. Shell, Rwe, Bp e Uniper (il più grande importatore tedesco di gas russo) però non sono ancora uscite allo scoperto.

russo) però non sono ancora uscite allo scoperto.

Lo stesso Descalzi ha poi chiarito che «i contratti prevedono il pagamento del carburante in euro e i contratti dovrebbero essere modificati per cambiare i termini. La richiesta della Russia di esportare il suo gas naturale ed essere pagata in rubli è un problema per i mercati energetici perché sta causando volatilità nei prezzi». L’Europa «non ha proprie risorse energetiche e non ha sufficiente capacità di rigassificazione del Gnl per soddisfare la richiesta», ha ricordato l’ad di Eni, secondo cui il Vecchio continente «è una scatola vuota quando si tratta di energia». Da qui l’esigenza di guardare all’Africa «per avere più forniture». Strada tracciata da Eni, che in Africa è impegnata per aumentare (dal Congo all’Algeria) le importazioni, come da Edison «al lavoro per incrementare di un ulteriore 10% il gas che arriva in Italia». La società ha poi messo a disposizione del Paese la nave da 30mila metri cubi che serve il deposito Gnl di Ravenna per approvvigionare il rigassificatore di Panigaglia e nel primo trimestre 2023 inaugurerà una nuova rotta dagli Stati Uniti.

Ora si attendono le reazioni degli altri big dell’energia. «Senza dubbio le europee saranno compatte nella scelta spiega un analista che nutre qualche perplessità solo su Total, ancora attiva sul territorio russo». Lo Stato che in proporzione importa più gas di tutti dalla Russia è la Germania, il 65,2% del totale, mentre l’Italia ne importa il 43,3 per cento. Altri Paesi, ne importano molto di meno, sempre in proporzione: per esempio la Francia (16,8%), che può contare su altre risorse energetiche, a partire dal nucleare.

Cosa succederà dunque dal 31 marzo quando scadrà la deadline fissata da Putin? Secondo Davide Tabarelli direttore di Nomisma Energia, «è escluso che Mosca chiuda i rubinetti del gas se le major non si allineeranno al pagamento in rubli. Tuttavia è altamente probabile che vada in scena un contenzioso legale tra le parti. Una guerra (delle valute e del gas) nella guerra». D’altra parte, la mossa di Putin ha avuto l’effetto di rafforzare la divisa russa che ieri ha mantenuto il recupero sul dollaro, che vale 96,28 rubli, dopo aver sfondato quota 150 nelle scorse settimane.

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