Gaetano Daniele: “In prima media, ricordo che mentre rincorrevo un mio coetaneo per menarlo, questi si girava e mi diceva: se ti prendo di riempio di botte. Oggi è adulto e da lezioni di vita”. I ragli d’Asino non arrivano in cielo

By Gaetano Daniele

Il j’accuse che mi stanno facendo notare, in maniera velata, alcuni amici, su una Pagina Facebook di un signor nessuno, è da “un Parolisi qualunque”. E mi viene in mente un episodio che mi capitò in prima media. Avevo 11 anni, e spesso mi capitava di fare a botte con i miei coetanei. Ero uno di quelli che amava cavarsela da solo. C’era chi diceva: “chiamo papà”, e chi diceva: “chiamo i miei amici”. Io dicevo: “sono qua, fammi vedere quanto vali”. Ragazzate insomma. Ora siamo adulti. Responsabili. Ma quel bambino non mi ha mai abbandonato. Vive dentro di me. E non ha bisogno di Mossad.

In uno dei tanti episodi, c’era un ragazzo di nome Gabriele. Era più grande di me di qualche anno. Aveva 13 anni. Prendeva di mira quelli più piccoli, soprattutto quelli della mia età. Ma mai me.

Fuori scuola, prese ad occhio un mio amichetto del cuore, Fabio. Abitava di fronte casa mia. Un giorno Fabio pianse per tutto il tragitto, fino a casa. Non facevo altro che pensare al bullo Gabriele, e a Fabio. Così senza dire niente a nessuno, decisi di affrontare Gabriele. Faccia a faccia. Volevo solamente dire lui di smetterla di dare fastidio a Fabio, perché era bravo ed era mio amico.

Così che il mattino seguente lo affrontai mentre faceva il gradasso fra i suoi amici. Entrai nel gruppo, nella sua cerchia magica, e lo affrontai a muso duro: “lascia stare Fabio. Sfotti me”. Rimase stupito. Poi d’incanto iniziò ad alzare la voce: è arrivato maciste…. E giù tutti a ridere. Ma i miei occhi erano puntati solo su Gabriele. Gli altri non erano nessuno. Erano solo spettatori. .

“Ti ho avvisato Gabriele, lascia stare Fabio”. Ma Gabriele iniziò a spingermi.. Ed io iniziai a menarlo, di brutto. Non sapendo come reagire, Gabriele se la diede a gambe elevate, ed io non esitai nel rincorrerlo. E lì, accadde una cosa inusuale. Mentre lo rincorrevo, si girava e mi diceva ad alta voce: “Se ti becco ti gonfio”. In quel momento capii che i bulli non sono altro che vigliacchi che scappano. E quando scappano ne dicono di tutti i colori per coprire la loro vigliaccheria. La loro insipienza. Le loro frustrazioni.

Adesso diranno che il bullo non è un pazzo, ma un povero cristo depresso, abbandonato dalla vita, pieno di problemi economici e che ha scritto la frase per disperazione. Infatti, per le persone intelligenti è una sconfitta. Una ammissione di colpevolezza.

Pur di non dire la verità, saranno disposti a inventarsi qualsiasi fandonia. Ormai siamo abituati al delirio giustificazionista. Il fesso otterrà la comprensione pietosa di vari intellettuali dei mie stivali. Tutti Nick falsi creati ad hoc per il compiacimento a tempo record.

Ma come? Tu già sapevi dall’inizio con chi ti stavi confrontando, e gli chiedi un aiuto? Anche economico. Prima linea o prima base?. Ti stupirò con gli effetti speciali.

Con questo pretesto: non si insultano così neanche gli assassini, e il fatto che essi siano o non siano civili non c’entra. Quindi giù le mani dalla parola “vigliacco”. Ma son qui. Se vuoi scriviamo le nostre memorie qui, ce l’hai le palle? O ti nascondi ancora dietro la penna di qualcuno. Hey, io son qua.

Certo non contano i fatti, ma le parole usate per descriverli. Occorre misura, delicatezza, massì, perfino amore. Andate all’inferno, censori della malora. Come li dobbiamo definire individui addetti alla macellazione di umani? Gentiluomini? Ragazzi emarginati? Ecco perché oggi, dovendo riferire e commentare quanto accaduto su quella Pagina, abbiamo scelto questo nuovo titolo: Vigliacchi di razza. In effetti, altro che bastardi, sono talmente di razza da essere più o meno consapevolmente fessi senza palle.

“Nell’esercito si impara in fretta l’arte di attendere”. Colpo Secco 2001

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