Gaetano Daniele, “Chi vive sperando morir non si può dire… ma di solito muore disperato e spira maldicendo. Hanno rotto i cogl**** loro e l’Unità d’Italia. Ma quale unità”

Gaetano Daniele

By Gaetano Daniele

Tra il dire, il tirare a campare ed il fare, preferisco il fare. Perché chi dice o preannuncia, di solito non fa. Chi tira a campare, spera nel miracolo che di solito non arriva mai. Poi c’è chi si affida al consiglio degli altri adeguandosi al loro stile di vita pur di non fare un cazzo, e questi lascia il tempo che trova. E infine c’è chi fa, quelli che prima fanno e poi se lo tengono per sé, perché non hanno bisogno di dimostrare nulla a nessuno. Ecco. Io sono per il fare. Purtroppo, oggi, si continua a ripetere sconsideratamente che l’Unità d’Italia è troppo recente per consentire al Paese di essere davvero unito. Non è vero, la Nazione nacque 160 anni fa e qualche giorno fa, nella ricorrenza, il presidente Sergio Mattarella ne ha celebrato la inaugurazione con parole di circostanza, non poteva fare altrimenti, ma a par mio, distante anni luce dalla realtà.

Il cosiddetto risorgimento fu una manovra senza la partecipazione passionale del Popolo. Una sorta di solitario: ti fotti da solo con la speranza di essere stato a letto con Monica Bellucci. Fu cioè essenzialmente la rivoluzione di una classe, quella media, imposta da una minoranza. I combattenti risorgimentali erano avvocati, professori, preti, mercanti, studenti e alcuni mazziniani, gente povera ma illusa. E di solito chi si illude, illude. E chi illude, prima o poi resta illuso. È la fisica della vita.

Infatti, fra i Mille di Garibaldi non risultava neanche un contadino, e i trecento del nord che parteciparono alle spedizioni del generale dei due mondi erano valligiani seriani che furono assoldati in quanto vennero assicurati loro due pasti al giorno, una divisa di lana, qualche bicchiere di vino e un sigaro toscano. Se andava bene. Altrimenti gli toccava fumare la paglia.

Dopo di che costoro, avendo l’abitudine storica di menare le mani di brutto, combatterono – si narra – eroicamente. Qua e là si legge che le battaglie, poche, si conclusero quasi sempre con vittorie facili perché i presunti nemici non avevano alcuna voglia di guerreggiare. Insomma la retorica risorgimentale, di cui ancora oggi siamo inondati, assomiglia più alle dichiarazioni di un politico in campagna elettorale.

A quasi due secoli dai tempi garibaldini l’Unità d’Italia rimane un sogno realizzato soltanto in parte, una parte minima. Nord e Sud, Est e Ovest sono appiccicati solamente sulle carte geografiche. Per il resto sono distanti sia sul piano economico -sociale, sia su quello dei costumi. Chi non se ne rende conto è perché non ha mai vissuto al nord, al centro oe al sud. Al nord sono inclini al lavoro e all’autonomia, all’indipendenza. Al centro già iniziano a calarsi le braghe, ma sono tenaci. Al sud, chi lavora è una minoranza, perché ormai ci hanno abituato a stare sul divano. Il lavoro, da troppi anni, è diventato uno sconosciuto. Cosicché gli uomini sono diventati pantofolai e le donne delle manutengole (per fortuna una minoranza) alla continua ricerca dello sfigato di turno. (Qualcuna finge anche di llavorare, così da dimostrarsi volenterosa e predisposta al sacrificio, ma è tutta facciata). E l’era moderna le ha favorite. Sono arrivati i social: Facebook ha fatto il miracolo. E non si resta mai del tutto a secco….

Col trascorrere degli anni poi, registrammo notevoli peggioramenti. La prima guerra mondiale fu promossa con ardore dalle stesse categorie di signori che avevano preteso la fasulla Unità: borghesi e borghesucci di varia estrazione. I quali ebbero la crudeltà di spedire nelle trincee dei poveri cristi, costretti ad ubbidire per via della leva obbligatoria, uomini provenienti dalle valli settentrionali nonché calabresi, abruzzesi, etc etc. Data la profonda diversità dei dialetti, i commilitoni nemmeno erano in grado di colloquiare. Basti considerare che i più non parlavano neanche italiano. Capita ora, figuriamoci all’epoca.

D’altronde tra un lombardo e un siciliano è arduo immaginare un dialogo chiaro. Nei combattimenti insensati con gli austriaci i nostri soldati ci lasciarono le penne a centinaia di migliaia, nessuno di loro aveva capito i motivi della belligeranza. Una guerra più cretina e improduttiva non era ipotizzabile. Pur avendola vinta non ne traemmo alcun vantaggio se non di tipo funerario. Dimenticavo, nelle trattative di pace – si fa per dire – ottenemmo l’annessione del Sudtirolo chiamandolo italianamente e stupidamente Alto Adige, dove dalla mattina alla sera gli abitanti furono obbligati a fingere di comprendere la nostra lingua. Bell’affare. 

Non fosse bastato il primo conflitto mostruoso, due decenni dopo ci avventurammo in un secondo disastro, quello benedetto da Benito Mussolini, essendo diventato vittima di Hitler. Un’altra guerra scellerata, cataste di cadaveri, militari inviati in Russia a meno dieci gradi con gli zoccoli, malamente armati con un fall che pesava più delle provviste che avevano in spalla, senza contare i bombardamenti patiti dalle nostre città. Tutto ciò che ho brevemente raccontato dimostra che l’Unità d’Italia, come è avvenuta e come si è sviluppata, ha prodotto solo disgrazie da cui non ci siamo ancora ripresi. I cittadini non si fidano più dello Stato e di chi li guida, ben sapendo che nessuno fa i loro interessi, li tuteli e li protegge, e dopo averli mandati al fronte adesso li manda in rovina promettendo loro solo chiacchiere e disonore. Ancora oggi il Parlamento ha le esembianze di un Puffo, direbbero in Germania, di sfaccendati che non incidono minimamente sui destini nazionali se non con ghirlande alle ricorrenze a mo’ di Selfie per riempire le prima pagine di giornalini e giornaloni, proprio come le manutengole, ma che normalmente non sono dittatoriali, ma che impongono provvedimenti restrittivi degni della Corea del Nord: Lockdown e coprifuoco.

Inoltre l’Italia si è lasciata iinfinocchiare da un’Europa padre padrona e incapace perfino di procacciarsi i vaccini per impedirci di crepare come formiche sotto ai piedi di ignari passanti. Siamo talmente scemi che confidiamo ancora in Mario Draghi, da cui ci aspettiamo una svolta che però non vediamo all’orizzonte neanche con il binocolo. Del resto, “chi vive sperando morir non si può dire…. ma chi di speranze visse disperato morì, maldicendo”.

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