Fiducia risicata al Senato. Ma sono già in campagna elettorale. Draghi diserta il Colle

Fiducia striminzita al Senato per il governo: solo 133 i votanti dopo che Lega e Forza Italia hanno deciso di uscire dall’aula. Sono stati 95 i sì e 38 i no. Il quorum è stato garantito dalla presenza in aula dei senatori 5Stelle che, tuttavia, non hanno votato. Il senatore azzurro Cangini ha votato la fiducia al governo Draghi in dissenso dal suo gruppo.

Al termine del voto di fiducia Giorgia Meloni, reduce da un breve comizio a Piazza Vittorio, si è sentita con Silvio Berlusconi. Si preannuncia dunque una ricomposizione delle alleanze nel campo del centrodestra con una comune strategia in vista del voto. Se il presidente della Repubblica deciderà di sciogliere le Camere è probabile che si andrà al voto domenica 2 ottobre. Matteo Salvini ha a sua volta riunito i parlamentari in serata.

“Draghi e l’Italia sono state vittime, da giorni, della follia dei 5Stelle e dei giochini di potere del Pd”, ha detto Matteo Salvini, aprendo la riunione con i parlamentari della Lega alla Camera. “L’intero centrodestra era disponibile a proseguire senza i grillini, con Draghi a Palazzo Chigi e con un governo nuovo e più forte. Il Pd ha fatto saltare tutto”, ha spiegato Salvini. “Speriamo che questo sia l’ultimo Parlamento dove centinaia di persone cambiano casacca e poltrona”, conclude il leader della Lega.

A sinistra già è pronta la narrazione catastrofista, con versione opposta a quella di Salvini e con indice puntato contro i “populisti” responsabili di avere fatto cadere Draghi. “Gli italiani guardano sgomenti a quello che è accaduto nelle loro istituzioni” e in “alcuni partiti”, accusa Enrico Letta al Tg1. “Penso – ha aggiunto – ai 19 mld del Pnrr che non arriveranno e alle riforme che non si faranno”. Di “cialtroni populisti” ha parlato Carlo Calenda mentre Di Maio dice che si è trattato di una “pagina nera” che resterà nella storia. Addirittura per Matteo Renzi “ha vinto Putin e ha perso l’Italia”.

Ci si aspettava, a fine di una giornata convulsa, che Mario Draghi salisse subito al Quirinale. Invece, a sorpresa, il premier ha deciso di non recarsi al Colle stasera. La parola comunque passa ora a Sergio Mattarella.

Fino a che non ci saranno le dimissioni formali, il percorso della verifica di governo non cambia. Quindi, come era stato già programmato, domani alle ore 9 inizierà alla Camera la discussione generale sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi. Non è previsto l’intervento di Draghi, che ieri ha depositato a Montecitorio il discorso letto oggi a palazzo Madama.

Il premier ha intenzione di recarsi anche alla Camera per il dibattito sulle sue comunicazioni. Solo al termine dei lavori dell’Assemblea di Montecitorio, deciderà di recarsi a riferire al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

A quel punto il Capo dello Stato avrà tutti gli elementi per decidere come procedere. Se aprire eventuali consultazioni oppure se e quando sentire i presidenti del Senato, Elisabetta Casellati, e della Camera, Roberto Fico, per procedere poi allo scioglimento delle Camere.

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