Fiamma FdI, simbolo vivo e non c’entra col fascismo

By Annalisa Terranova

Dice: prima o poi tanto va tolta, perché parlarne adesso? Già: perché aprire oggi un dibattito sul simbolo di Fratelli d’Italia anziché sui contenuti, sulle strategie, sulla forma partito, sui giovani? Certo, il benaltrismo potrebbe suggerire la volontà di una scappatoia dal tema e invece non di benaltrismo si tratta ma di concretezza politica. Sulla Fiamma vanno messi i puntini sulle “i”. Ci atteniamo alla sua valenza simbolica, senza fughe in avanti o indietro. Quand’è che un simbolo politico perde ogni valore e diventa articolo da museo? Quando non suscita più quel “sentimento della sovrasignificazione” di cui parlava Umberto Eco o quando – stavolta scomodando Mircea Eliade – la comunicazione simbolica rimanda a qualcosa che non è più vivo ma irrimediabilmente morto. Ciò può valere, tanto per fare un esempio, per la falce e martello, “imago” di un comunismo sconfitto dalla storia. Ma la Fiamma del Msi non rimanda alle ideologie del Novecento. Non è simbolo fascista ma postfascista, rimanda al mondo combattentistico (fu un combattente a proporlo ad Almirante e la leggenda della bara del Duce è successiva e appunto è leggenda), e all’ardore dell’impegno politico racchiuso nel fuoco (anche il partito “democristiano” greco, Nea Democratia, ha come simbolo una fiaccola).

Il fuoco rimanda a tanti significati (rigenerazione, vita, energia, passione, cuore, forza, trasformazione, illuminazione, pneuma), tutti positivi. Questo per dire che la Fiamma è un simbolo azzeccato, e difficilmente oggi – in una fase in cui la politica appare poco credibile e poco attrattiva – potrebbe essere sostituita con un altri simboli ugualmente carichi di “sovrasenso”. E questo solo per sottolineare l’aspetto del “messaggio”, che non è tutto ma non è poco. Poi, dietro ai simboli c’è una storia.

Se tu te ne liberi, significa che quella storia non ti appartiene più o che te ne vergogni. E se te ne liberi qualche impresentabile può appropriarsene e mancare di rispetto a quella storia. Ora: è il caso di vergognarsi della storia del Msi? Il punto politico è tutto qui. Perché oggi la progressiva demonizzazione della destra accomuna il giudizio negativo sul fascismo a quello sul Msi, spesso ignorandone la complessità, le proposte, il tributo di militanza anticomunista, l’estraneità alla partitocrazia corrotta e anche i martiri (che furono troppi e troppo giovani). Eliminare la Fiamma significherebbe dare ragione a chi ritiene che quella del Msi è una pagina buia della storia politica italiana (storia da conoscere e studiare, senza apologie inutili e senza mostrificazioni interessate)

GENERALI E POPOLO
Dietro la Fiamma ci sono poi anche le storie individuali, quelle dei singoli, segnate spesso da sacrificio e generosità. Perché nel Msi bazzicavano principi e generali ma anche la gente di borgata, gente di popolo. Che proprio verso la Fiamma mostrava un trasporto tutto particolare. Anche le donne, soprattutto loro. Una di loro riferiva alla Federazione durante lo scrutinio per le elezioni politiche: «Tanti voti al Pci, tantissimi alla Dc ma quando usciva la scheda con la croce sulla Fiamma, ah che soddisfazione a vedere le loro facce…» e consegnava il foglio con le cifre del suo seggio. Un’altra girava a consegnare panini nelle sezioni elettorali dove erano impegnati gli scrutatori segnalati dalla Federazione e col panino distribuiva anche il portachiavi con la fiamma. Così, di nascosto, come fosse un portafortuna. Si chiamava Maria ma chissà per quale vezzo (esterofilo avrebbe detto Almirante) la chiamavamo Mary. Per campare faceva le pulizie. C’era insomma gente così, “di fede” si diceva all’epoca.

Giorgia Meloni sa bene che è anche grazie a loro che è arrivata così in cima. Un piccolo gradino della scala che ha salito l’hanno costruito le persone come Mary. Finora si terrà stretta la Fiamma, quindi, perché non ha voglia di abiure. Ma sa anche che la politica non è solo fideismo. Infatti ha mandato un ex democristiano in Europa. «E mo’ ditegli che è fascista», avrà pensato. E lui, racconta Verderami sul Corriere, ogni mattina invia alla premier vecchi manifesti della Dc. Magari per spingerla a fare quello che lei ha già in animo di fare: dialogare con i popolari in Europa. E con gli elettori orfani del centro in Italia. Gli ex democristiani sono preziosi certo, ma sono appunto ex. Loro il simbolo non ce l’hanno più. Quello della Fiamma, invece, brucia ancora.

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