Esercito di Azov, 1730 soldati si arrendono alla potenza russa. Tra loro anche il vicecomandante “Kalina”

Sono in tutto 1.730 i soldati ucraini dell’Azovstal – secondo fonti russe – che si sono arresi in questi giorni. Tra loro c’è anche Sviatoslav Palamar, detto Kalina, vice comandante del Battaglione Azov. Lo ha riferito il sito del ‘Kyiv Post’, citando media filo-russi.

Un gruppo di 89 soldati ucraini del battaglione Azov sono stati trasferiti in Russia, in un centro di detenzione di Taganrog, dove saranno incriminati per reati di estremismo da un tribunale militare: lo ha reso noto il sito di notizie online russo 161.ru.

Il grosso dei prigionieri – riferisce il Corriere – è stato portato con autobus nella repubblica di Donetsk, a Elenovka, in ucraino Olenivka, uno dei villaggi più pesantemente bombardato dagli ucraini fin dall’inizio del conflitto nel 2014. Lì ci sarebbe un penitenziario capace di ospitare fino a tremila reclusi. Alcuni dei prigionieri sarebbero invece arrivati a Taganrog e anche a Rostov sul Don.

Sulla sorte di questi combattenti non c’è chiarezza. E’ sempre il Corriere a riferire che, secondo Mikhail Ignatov, esperto criminologo, i prigionieri saranno portati in diverse regioni per non farli rimanere assieme. «Non escludo che i peggiori banditi saranno trasferiti a Mosca». Dovranno essere interrogati separatamente, si dovranno raccogliere le testimonianze delle vittime. Insomma, a suo avviso sono tutti destinati a essere processati. «Secondo le leggi della repubblica di Donetsk», visto che i presunti crimini sarebbero stati commessi lì. Dal 2014 la Repubblica ha introdotto la pena di morte, anche se solo per alcuni casi particolari, tradimento, spionaggio e assassinio di leader politici.

La Croce rossa internazionale, in merito al destino dei prigionieri, ha precisato che la Cri registra l’identità dei soldati ucraini che lasciano l’Azovstal, inclusi i feriti, come richiesto dalle parti, ma non segue il trasferimento dei prigionieri di guerra nei punti in cui sono trattenuti. I soldati riempiono una scheda con il loro nome, data di nascita e parenti prossimi in modo che la Croce rossa possa tenere traccia delle persone catturate e aiutarle a mantenere i contatti con le loro famiglie.

La Croce rossa ricorda che, secondo quanto previsto dalle convenzioni di Ginevra, deve avere accesso immediato a tutti i prigionieri di guerra in tutti i posti in cui sono detenuti. La Croce rossa deve inoltre poter intervistare i prigionieri di guerra senza testimoni e la durata e frequenza di tali visite non deve essere indebitamente limitata.

Pubblicato da edizioni24

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