E una “Caporetto” tsunami centrodestra: Schlein e Conte non esistono più

Domani, sui giornali progressisti, potremmo leggerne delle belle. Probabilmente le tenteranno tutte pur di ridimensionare questo risultato schiacciante. L’affluenza, sicuramente. E poi il fatto che sono elezioni comunali, e quindi valgono un po’ meno rispetto alle politiche. Ma sono tutte scuse, e per giunta ridicole. Già al primo turno, quando il centrodestra aveva messo a segno quattro vittorie contro le due del centrosinistra si erano lanciati in letture a dir poco pirotecniche. Repubblica, più di tutti, aveva toccato sfere inammaginabili titolando L’onda di destra si è fermata e sentenziando che era iniziata “la rimonta del centrosinistra nel deserto artico della destra al potere”. Dove avessero intravisto la remuntada nel 4-2 del primo turno, resta ancora oggi un mistero. Chissà se il 5-1 dei ballottaggi, che assegna nove Comuni al centrodestra e soltanto tre al centrosinistra, e i risultati, che arrivano dalla Sicilia, serviranno schiarir loro le idee.

I risultati di questa tornata elettorale fissano nero su bianco due punti fondamentali. Il primo riguarda il governo Meloni. Al netto dei sondaggi, che intasano talk show e giornali tutte le settimane, la coalizione, che lo scorso 25 settembre aveva sbaragliato Enrico Letta e Giuseppe Conte, dimostra di non sbagliare mai un colpo. Una vittoria dopo l’altra, avanza come un caterpillar su un centrosinistra inesistente. Lo ha dimostrato, nei mesi scorsi, confermando Attilio Fontana in Lombardia e Massimiliano Fedriga in Friuli-Venezia Giulia e incoronando Francesco Rocca nel Lazio. E lo dimostra oggi portando a casa una sfilza di città. Tra queste anche alcuni fortini che da tempo il centrosinistra considerava suoi per diritto. In Toscana, per esempio. Lì non sta cambiando il vento, lì ormai il vento è cambiato. Sono tutti segnali di una squadra che dimostra di essere capace di interpretare il Paese, a Roma come sul territorio.

Ma veniamo al secondo punto. Che, invece, riguarda le opposizioni: il primo partito, il Partito democratico, tutto preso a polemizzare sulla Fiamma nel simbolo di Fratelli d’Italia, a difendere i contratti stellari di Fabio Fazio e Lucia Annunziata in Rai e a blandire gli ecobulli di Ultima Generazione; e l’altro, il Movimento 5 Stelle, ancora a scendere in piazza a fianco dei poltronisti del reddito di cittadinanza. Il risultato di oggi dovrebbe insegnare qualcosa a Elly Schlein e a Giuseppe Conte che negli ultimi mesi hanno cavalcato ogni sorta di protesta, purché fosse contro l’esecutivo. Dai cortei antifasciti del 25 aprile alle manifestazioni del Primo Maggio, dalle processioni del sindacato rosso ai tendisti davanti al Politecnico di Milano. Non se ne sono mai persa una. E alla fine sono rimasti entrambi con un pugno di mosche in mano. Il voto di oggi certifica, dunque, ancora una volta lo scollamento del centrosinistra con il Paese reale, con i dem in modo particolare confinati nelle Ztl delle grandi città. Fuori di lì non toccano più palla.

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