È cosa nostra? Il Csm grazia la toga rossa finita nelle chat bollenti di Luca Palamara

Finisce con un’altra archiviazione l’ennesimo procedimento aperto dal Csm sulle chat di Luca Palamara. Il plenum ha deciso con 11 voti a favore, 7 contrari e 4 astenuti, di non trasferire per incompatibilità ambientale Anna Canepa, sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia, perché i messaggi scambiati con l’ex consigliere sono stati sì «inopportuni», come ammesso dalla stessa Prima commissione, ma non avrebbero compromesso lo svolgimento delle funzioni e l’immagine di imparzialità della toga. E così, dopo il caso di Donatella Ferranti, ex parlamentare del Pd e oggi magistrato alla Corte di Cassazione, «graziata» dal trasferimento d’ufficio dopo i messaggi inviati a Palamara, anche Canepa, già segretaria di Magistratura democratica, resta al suo posto.

Dalle chat intercorse tra 2017 e il 2019, cioè sia quando Palamara era consigliere del Csm, sia dopo, quando evidentemente si riteneva avesse ancora un’influenza sul consiglio, emergerebbe un interessamento di Canepa, responsabile del coordinamento della Dna con il distretto in Liguria, dove aveva anche lavorato per dieci anni come pm, prima per la nomina del procuratore di Savona e poi per quella del procuratore aggiunto alla Dna, il suo stesso ufficio. Nel luglio 2018: «Scusa se ti disturbo, domani dovreste discutere del procuratore di Savona, è uno snodo fondamentale. Sono in corsa Arena e Landolfi uno di Mi, l’altro di AeI, ma non è questo il problema. Sono 2 banditi incapaci Il migliore è Ubaldo Pelosi, attuale facente funzioni». Risponde Palamara: «Ok tesoro». E lei: «Mi raccomando». Poi, a gennaio 2019, Canepa si rivolge a Palamara sulla nomina del procuratore aggiunto alla Dna: «Ti chiedo di provarci». E Palamara: «Lo farò fino all’ultimo». E gli chiede di intervenire «su quelle pecore che stanno al Csm». Lei si è difesa in prima commissione ammettendo di aver usato espressioni e modi «inopportuni» e «infelici», ma di averlo fatto nell’interesse e per il bene degli uffici. Perché riteneva che i due colleghi definiti «banditi incapaci» – per cui è stata anche querelata da uno degli interessati – non fossero adatti al ruolo. Il Csm ha sentito sia i due magistrati «denigrati» sia i colleghi di Canepa, e non è stato ravvisato alcun turbamento negli uffici e nello svolgimento delle funzioni della toga. Per il laico Stefano Cavanna «è il solito meccanismo, si chiamano i colleghi e si chiede com’è l’ufficio, funziona bene? Canepa lavora bene? – ha detto in plenum – Qui è come si stessimo dicendo, sì lo sappiamo che è inopportuno ma che ci importa. C’è un magistrato che ha dato prova oggettiva di muoversi come se fosse in un ufficio proprio, in maniera privatistica, in base all’amicizia. Questo nell’ufficio più importante che abbiamo in Italia, vi sembra normale? È una condotta che non può non impattare pesantemente sulla credibilità dell’ufficio».

Contrario all’archiviazione anche il laico Fulvio Gigliotti: «Come si possa in una situazione del genere affermare che l’imparzialità non sia stata scalfita faccio fatica a comprenderlo». Hanno votato contro l’archiviazione anche i togati Sebastiano Ardita (AeI), Antonio D’Amato e Maria Tiziana Balduini (Mi); oltre a Gigliotti (M5s) e Cavanna (Lega), anche i laici Filippo Donati (M5s) ed Emanuele Basile (Lega).

Invece il Csm ha deciso a maggioranza che si è trattato di inopportunità, ma senza alcun impatto sul lavoro della toga. Anche in questo caso come in quello di Ferranti e altri, la Procura generale della Cassazione non ha ritenuto di avviare l’azione disciplinare (diversa dal procedimento di trasferimento per incompatibilità). Pratica chiusa.

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