De Magistris la spara grossa, ex-pm e ora leader politico: “Salvata l’indipendenza delle toghe”

La palma di migliore barzellettadella giornata spetta senz’altro all’ex (fallimentare) sindaco di Napoli, Luigi de Magistris Non v’è dubbio alcuno che solo lui e pochi altri avrebbero potuto salutare il flop del referendum come uno sventato «attacco all’autonomia e all’indipendenza della magistratura». Qualcuno gli ricordi, appena si sveglia, che i quesiti referendari si prefiggevano scopo esattamente opposto a quello da lui scriteriatamente denunciato: riportare le toghe nell’alveo della Costituzione, dal quale sono rumorosamente uscite inseguendo l’eversivo obiettivo della supplenza politica in luogo dei rappresentanti del popolo. De Magistris, in realtà, lo sa benissimo dal momento che lui è uno dei prodotti peggio riusciti (per i napoletani) del circo mediatico-giudiziario.

Ancora ne ricordiamo le performance nei talk-show diMichele Santoro, mirabile esempio di carriera politicapianificata in uno studio televisivo. O, stando sempre in tema di autonomia e di indipendenza, la triade che formò con i colleghi (ex)pm Antonio Di Pietro e Antonio Ingroia a sostegno della candidatura di quest’ultimo a premier. De Magistris veniva dall’inchiesta calabrese Wnhy mot, Di Pietro ancora era circonfuso dai bagliori di Mani Pulite mentre Ingroia aveva appena lasciato il processo sulla trattativa Stato-mafia. Tre inchieste adottate dalla tivvù, tre pubblici ministeri che l’avevano mediaticamente cavalcata a maggior gloria di se stessi e tutti e tre fondatori di movimenti e partiti incasellati a sinistra. Poi uno si meraviglia che quando si tratta di colpire esponenti del centrodestra i magistrati non guardano in faccia a nessuno. Diversamente, a che servirebbero l’autonomia e l’imparzialità delle toghe rosse?

Ironie a parte, de Magistris, così come i suoi ex-colleghi ora alleati politici, è solo la punta dell’iceberg. Sì, perché nel Parlamento nazionale come in quello europeo, esistono altri ex-togati, forse meno famosi del trio calabro-siculo-milanese appena citato, ma di certo non meno meritevoli quanto ad obiettivi politici centrati. Ne ha ampiamente scritto anche tal Luca Palamara, già capo dell’Anm e già membro del Csm. Una “voce di dentro“, la sua, e molto informati dei fatti, che avrebbe dovuto far fremere di indignazione il Palazzo fino a dar vita ad una commissione parlamentare d’inchiesta sull’uso politico della giustizia negli ultimi trent’anni. E invece stiamo qui a leccarci le ferite dopo un referendum flop, e con l’ex-sindaco Giggino ‘A Manetta a menarcela sull’attacco che questo portava «all’autonomia e all’indipendenza» di quelli come lui. Ma ci faccia il piacere, ci faccia…

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