Danno asilo al guerrigliero nigeriano: la sua richiesta bocciata 3 volte, ma per i giudici d’Appello è “apposto”

Per la toga di casa nostra il migrante merita di restare in Italia. Alla finei giudici danno asilo al guerrigliero nigeriano . Nonostante la sua richiesta sia stata bocciata 3 volte negli anni. Ma i no non fermano l’uomo: e ottiene accoglienza e protezione ufficiali. E poco importa che il soggetto in questione sia un ex guerrigliero del Mend, un gruppo armato nigeriano “specializzato” in assalti, sequestri e attentati. Come poco conta il fatto che la “Commissione territoriale per il diritto d’asilo”, passata al vaglio la sua pratica giudiziaria, abbia rigettato la richiesta di permanenza nel Belpaese. Così come è passato in cavalleria quanto asserito da un giudice di primo grado che, alle prese con il caso, ha argomentato come e perché il 30enne nigeriano in questione non abbia le carte in regola per rivendicare e ottenere un permesso di soggiorno. Lo straniero, allo stato dei fatti, può rimanere e circolare liberamente per le strade del Belpaese.

Siamo alle solite insomma. La Commissione territoriale vieta e un giudice smentisce. E concede. Così, anche questa ennesima controversia si risolve in beffa. Con il nigeriano, che vanta un passato violento di guerrigliero, capace di trovare qualcuno disposto a concedergli protezione internazionale. Del resto, è proprio sul suo passato bellicose e suoi suoi legami pericolosi che il nigeriano motiva la necessità di protezione all’estero, temendo ritorsioni da parte di suoi ex “colleghi” in caso di rimpatrio coatto.

La sua è una storia come tante, che Il Giornale racconta nei dettagli e denuncia. Cominciata nel 2008 con lo sbarco in Italia e la tempestiva richiesta di domanda d’asilo, valutata nell’arco di un anno o giù di lì, dalla Commissione che, lette le carte e vagliata la situazione, ne rigetta le istanze. Niente documenti, niente protezione: lo straniero dovrebbe andare via. Invece non succede nulla. Resta nel Belpaese e trova anche lavoro. Prima come addetto alle pulizie, poi come operaio, infine come facchino. Tutto si mette al meglio: tanto che il nigeriano in Italia si sposa anche con una connazionale e i due hanno un figlio.

Quando siamo nell’agosto del 2013 ci riprova: e torna a chiedere protezione allo Stato. Peccato che i documenti che l’uomo ri-presenta siano sempre gli stessi. O almeno così li valuta la Commissione che il tribunale di primo grado incaricato di esaminare il caso. Che ritiene che nella documentazione presentata dal nigeriano non ci siano «elementi nuovi» rispetto ai precedenti. Non solo: i togati della prima ora hanno rigettato le istanze del richiedente asilo perché, come riporta il sito del quotidiano milanese, in Nigeria non vi è una comprovata «situazione di generalizzata violenza», quindi il migrante «potrebbe rimpatriare». Tutto risolto quindi? Neanche per sogno.

I no arrivati non fermano il nigeriano, che ci riprova per l’ennesima volta. E nel 2018 lo straniero ospite si rivolge alla Corte di Appello di Trieste, prima sezione civile. Vuole a tutti i costi ottenere l’ambita protezione umanitariae il relativo permesso di soggiorno. A quel punto anche il ministero dell’Interno pone il suo veto. Il procuratore generale mette nero su bianco il proprio parere negativo. Ma i tre giudici d’Appello decidono diversamente. E puntano tutto sul gradi di integrazione raggiunto in Italia e sulla «situazione soggettiva e oggettiva» in Nigeria. Ossia, per la Corte il nigeriano non può dover ricominciare tutto da capo altrove ma proseguire qui. E sentenzia per l’ex guerrigliero l’agognato benvenuto.

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