[…] Daniele sul caso di Beppe Grillo: le sabbie mobili non piacciono a nessuno, e nel M5s iniziano a spuntare i primi pentiti…

By Gaetano Daniele

Ci mancava solo l’indagine su Beppe Grillo ad accendere gli animi nel M5s. Con i parlamentari che si dividono sul caso del fondatore e diventano addirittura garantisti, ripudiando la legge sul traffico di influenze che è proprio una creatura grillina.

E mentre i giornali parlano di nemesi, tranne Il Fatto che nasconde la notizia in prima, tra i pentastellati cresce lo sconforto. “Che ne uscirà pulito non c’è alcun dubbio – ragiona con Repubblica un parlamentare – ma magari succederà tra cinque anni, nel frattempo è una mazzata tremenda per lui e per il M5S”.

Francesco Silvestri, tra i firmatari della proposta di legge dei 5 Stelle sul lobbying, nega che vi siano imbarazzi  mentre i senatori della commissione Lavori pubblici e trasporti con una nota condivisa mettono le mani avanti: “Da quando il M5S è in Parlamento, Grillo non ha mai messo bocca neanche su mezzo emendamento, né su nessun altro passaggio dei lavori in commissione. Per quanto riguarda Moby, nei confronti dell’azienda c’è stato un approccio paritetico a quello di tutte le altre realtà analoghe. Chi segue i lavori della nostra commissione sa bene che la componente del M5S non è solita lasciarsi condizionare da soggetti esterni”.

Nelle chat pentastellate però – avverte il Messaggero – ci si divide. E tra i big spuntano anche i garantisti perché – questa la tesi di molti M5s – “siamo stati proprio noi a rafforzare il reato di traffico d’influenze. E abbiamo fatto male”. La preoccupazione è che possano venir fuori i messaggi che il fondatore M5s si è scambiato con i parlamentari, nella convinzione comune, tuttavia, che “ogni accusa cadrà nel nulla”.

L’Elevato Grillo è stato inghiottito dalle sabbie mobili che è al confine tra politica e società e che ha dato modo alla magistratura di aumentare la sua influenza. È la conferma che il tritacarne non finirà mai. Che una certa mentalità, che punta a criminalizzare la politica in tutte le sue forme, ormai è entrata nella cultura, o subcultura, del Paese. Al punto che ne pagano lo scotto anche i puri di turno, quelli che hanno avuto la bella idea di creare un partito sul giustizialismo.

Questo magma culturale è il richiamo della foresta da trent’ anni per certi mondi. Quelli che gioivano del linciaggio di Bettino Craxi e che ora, un po’ attempati, resuscitano l’anti-berlusconismo in tutte le sue forme, anche le peggiori, per bloccare la corsa del Cavaliere verso il Quirinale. Ma sono gli stessi che si sono scagliati contro Renzi o contro Salvini. Mondi che non hanno più seguito le manifestazioni anacronistiche del Popolo Viola vanno deserte, ma che continuano ad avere peso nei media e, soprattutto, nel meccanismo mediatico-giudiziario che da decenni punta a condizionare il Paese. Soprattutto, quando a cadere nelle sabbie mobili finisce un Re, vedendo fuoriuscire il naso di pentiti, che non hanno nessuna intenzione di sprofondare insieme al Capo

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