Daniele: “Similis cum similibus. Chi si somiglia si piglia. Calenda sembra Di Maio nella versione perbene”

Ho sempre pensato sin da bambino che chi si somiglia, prima o poi finisce sempre per pigliarsi. E la cosa più strana è che tra di loro compare sempre chi tenta di primeggiare sull’altro. La versione ponderara e quella meno riflessiva. Ma sono accomunati da un unico intento: fottersi a vicenda. Perché quando si fotte si sta sempre bene. Solo che nella vita non si può solo fottere. Questo è il problema che molte coppie sottovaluta. (In politica, intendo). Ma poi c’è l’altra faccia della medaglia. Che ci tenta di adeguarsi all’altro, finisce sempre per dividersi. Di Maio docet. L’accordo stipulato tra Pd e Azione o, come impone lo zeitgeist, tra Letta e Calenda dovrebbe – come effetto collaterale – indurre il secondo a cessare immediatamente ogni ostilità contro Luigi Di Maio. Non solo perché da oggi ufficialmente alleati nella crociata contro le destre (Allarmi Allarmi) ma soprattutto perché sono ora due aspetti della medesima sporcizia politica: quella che nasce e pasce intorno a un determinato obiettivo, salvo poi disattenderlo in nome di una sopravvenienza che tale non è, ma che per tale viene spacciata al solo scopo di giustificare il proprio tradimento.

Non è come assumere un impegno e poi mancarlo (chi è senza peccato…), ma qualcosa di più e di peggio: è comportarsi come l’avversario che hai attaccato e offeso per quello stesso comportamento.

In materia Di Maio è a tal punto un habitué da averci scritto un ponderoso libro a base di scuse, pentimenti e contrizioni. Calenda invece no. Lui è un novizio del voltafaccia, quantunque il suo sia di intensità tale da far sbiadire in un colpo solo l’intera compilationdi Giggino. E sì, perché tutto sommato questi inveiva contro il doppio mandato mentre ora si candida per la terza volta, tuonava contro i voltagabbana e ha cambiato casacca, voleva la politica svelata in diretta streaming e si è chiuso in una riunione carbonara con Tabacci. Ma alla fine, avrebbe detto Totò, sono quisquilie, pinzillacchere.

Ben più alta l’ambizione di Calenda, che non faceva mistero di voler addirittura scassare il finto bipolarismo infilandosi a mo’ di cuneo tra i finti schieramenti e che ora batte mestamente in ritirata come un qualsiasi miles gloriosus facendosi schermo con l’attuale legge elettorale. Ma è la stessa che c’era ieri, e pure l’altro ieri, e pure tre giorni fa. E che non gli impediva di sputare sentenze contro destra e sinistra nel nome di un super-strombazzato terzo polo, malinconicamente riposto nel cassetto dei sogni proibiti in ossequio alla sopraggiunta necessità di battere Giorgia Meloni. (Impossibile pensarlo anche quando dorme a culo aperto). Ricordiamo male o era sempre Calenda a sbuffare come un vecchio treno in salita contro le alleanze. E se così, perché ora fa sua l’emergenza-Orbàn, manco il premier ungherese fosse Attila sul Mincio? Semplice: per immoralità politica. Avete letto bene. In politica l’immoralità è questa e non altra: prendere in giro. Mentore. Usare una frase fatta strumentandola al solito fine che questa venga riportata poi in maniera erronea per depistare l’avversario. Giochetti che ascoltavo sin quando portavo i pantaloni alla zuava. E quante sbucciate….Per questo ora quando mi imbatto in una accozzaglia non guardo all’oggi, sono già con la testa alla fine della commedia.

Di Maio è un caso di pornografia politica e non di trasformism operché s’impancava a giudice dei salta-fossi. Fino a quando non l’ha saltato lui, il fosso. Idem per Calenda che, eletto a Strasburgo con i voti del Pd, non ha in fondo problemi a tornare da Letta. Ma lui ha fatto da pifferaio magico per molti del centrodestra, i tanti insoddisfatti, a torto o a ragione, dello scarso tasso di liberalismo all’interno di quella coalizione. Li ha sedotti con la promessa di un approdo in compagnia degli epigoni di Croce, Einaudi e Malagodi e ora li consegna a un comunista come Fratoianni e a un’ecologista apocalittico di nome Bonelli. Roba da pazzi. Meglio loro due con Di Maio che la Meloni in compagnia di Berlusconi e Salvini? De gustibus… In compenso, Calenda smettesse l’arietta da primo della classe: gli si attaglia molto meglio il ragliod ell’ultimo. 

     

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