Daniele: “L’unica vera festa nazionale in cui mi rivedo non è il 25 Aprile, ma il 4 Novembre”

By Gaetano Daniele

La storia ci insegna molto. A capire chi siamo stati, come popolo. E mai come in questa fase la politica si nutre di calendario. Solo poche settimane fa abbiamo ascoltato la senatrice Liliana Segre elencare nell’aula del Senato le date del 25 Aprile, del 1 Maggio o del 2 Giugno. E subito dopo di lei il presidente Ignazio La Russa aggiungere quella del 17 Giugno, giorno in cui – nel 1861 – fu proclamato il Regno d’Italia. E potremmo continuare. Ma gli esempi addotti bastano e avanzano a far capire che il tramestio della politica intorno al calendario segnala una necessità che diventa via via sempre più impellente in un Paese dalla memoria lacerata come il nostro: trovare l’inizio condiviso, l’incipitche segna la nostra irruzione sullo scenario della storia come comunità di destino, cioè come nazione.

Alcune di queste date, a par mio non sono inclusive, ma divisive. Come quella del 25 aprile, abituati a vedere parate di comunisti e partigiani sfilare per le nosrre strade generando terrore psicologico fra la popolazione gridando al fascista alle porte.

Piaccia o meno, ve n’è solo una che può mettere tutti d’accordo ed è la ricorrenza di oggi: il 4 Novembre, fino a qualche decennio fa festa nazionale per eccellenza, poi declassata a giornata di celebrazione delle forze armate e oggi praticamente eclissata. A scuola ci insegnavano che in questo stesso giorno di un secolo e quattro anni fa l’Italia compì il suo Risorgimento, completò cioè la propria unificazione territoriale riassumendo la configurazione che le aveva dato Augusto duemila anni prima. Ma questa volta al costo altissimo di sangue e di vite e non più solo grazie alla “tessitura” di Cavour, al coraggio di Garibaldi, all’apostolato di Mazzini e alla capacità visionaria di Vittorio Emanuele II. Da elitario, il processo risorgimentale si era fatto popolare.

Nelle trincee come nelle fabbriche, sui campi di battaglia come su quelli di lavoro, nelle scuole come nelle case un intero popolo si era ritrovato per la prima volta ad essere artefice del proprio destino. Aveva lottato e aveva vinto. Quale altra data potrebbe sottolineare meglio il nostro certificato di nascita come italiani? Nessuna. Men che meno la Liberazione, come ricordavo evento anch’esso elitario, geograficamente circoscritto e tuttora divisivo. Non la festa della Repubblica, frutto di un referendum contestato e non di una rivoluzione come quella francese. Non la data del Regno, che odora di timbri, bolli e burocrazia all’italiana che puzza. Gira e rigira, resta solo il 4 Novembre, quando popolo, territorio e Stato diventarono un tutt’uno: l’Italia, appunto.

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