Daniele: furto, furbo e piccineria sono compari inseparabili… Politicamente corretto? Me ne frego! Sono un fottuto bastardo di periferia, e parlo il linguaggio popolare…

By Gaetano Daniele

La vera rivoluzione in questo mondo di scartine è la normalità. Ma anche chi riesce a prendere le distanze da facce sporche, perché al buon viso a cattivo gioco oppure al confondere la mia faccia a quelle tante scartine, preferisco il “meglio solo che male accompagnato”. Sfruttare una faccia sporca sol perché mi deve mettere in condizione di raggiungere un mio scopo personale, significa che non sono neanche degno di quella faccia sporca. Faccio più schifo di lui. È semplicemente una questione di punti di vista. Anzi. È proprio così. (Io sono per il “pochi ma buoni”. E di solito la persona buona si salva da sola…. Alcuni praticano ancora azioni che venivano usate nel medioevo e si credono pure più furbe degli altri. L’importante è crederci.

Il processo alle parole di uso comune è diventato uggioso. I comandamenti del politicamente corretto stabiliscono quali sono i vocaboli leciti e illeciti, e chi sgarra e ne usa altri viene messo alla berlina o addirittura condannato dai laureati dei social network. Oggi comunemente usati anche da uappi di cartone. Oppure da tenerti colonnelli trombati che cercano la ribalta a tutti i costi nascondendosi dietro uno pseudonimo penetrante. Per i quali è vietato dire trombato, bisogna dire epurato. Come scrivere che un negro è un negro. Bisogna dire nero. Quasi che ci fosse una differenza sostanziale fra i due termini. Che invece non esiste. Oppure bisogna sostituire la parola puttana con prostituta o baldracca. Se una donna vende il proprio corpo in cambio di soldi o di un posto di lavoro, portandosi a letto il titolare e magari nel corso degli anni fa anche due aborti avuti da padri ignoti, non è una puttana, ma una prostituta. E che cazzo cambia? Caso mai anche ingenua e vittima di una società di scartine: porella, ha seguito semplicemente gli esempi, quelli che ha visto nel corso della sua adolescenza e non ha avuto le palle di ribellarsi. Si è confusa. Ma non è una puttama, è una prostituta. Me l’ha detto un giurista del web laureato in Facebook, Telegram e Anonimus.

Io resto dell’idea che chi nasce mignotta morirà tale come chi nasce nero non potrà mai morire bianco e viceversa.

Preciso. Non ha valenze negative, o peggio, spregiative. Ma in un mondo di sccartine, bisogna stare attenti alle parole nonostante il significato non cambia.

Ricordate la poesia: “…sotto la terra fredda… la terra negra…”. A nessuno è mai venuto in mente che la lirica in questione fosse offensiva. Anche la Nigeria dovrebbe, applicando la logica dei fighetti, cambiare nome. Ada Negri sarebbe obbligata a mutare identità? Stiamo rasentando il ridicolo. Molti lettori ricorderanno alcune canzoni: “Siamo i vatussi, altissimi negri, ogni due passi facciamo tre metri…”. Oppure: “In una foresta del centro Catanga c’è una tribù, una tribù de negher del menga…”. Censuriamo anche queste?

Io parlo sempre con cognizione di causa senza mai voler essere offensivo ma semplicemente attribuisco, prove alla mano, il significato di ogni parola alle azioni protratte dai singoli. Nulla più nulla meno.

Veniamo ai froci, alle checche, ai finocchi, ai busoni. Guai a denominarli così. È necessario definirli gay, cioè in inglese. O omosessuali, gergo medico. Non possiamo usare l’italiano o il lessico regionale che pure ci appartiene. Quando a 19 anni mi sbatterono a 950 chilometri per servire la madre Patria, i culattoni erano appellati in maniera diversa: pederasti. Poi diversi. Ma che bisogno c’è di stravolgere l’idioma se un frocio rimane comunque un frocio a prescindere dall’epoca in cui esercita? Un ricchione non cambia gusti sessuali se lo etichetti gay. Dov’è il problema? Il vocabolario, l’eloquio popolare ha il pregio della sincerità; quello del politicamente corretto è ipocrita, falso, artificiale. Ovvio. Se lo attribuisci ad un uomo che non lo è, è diffamazione. Non solo stai disprezzando chi lo è, quindi la categoria, ma anche chi non lo è. E questo è peccato. Non si fa. E anche questo me l’ha detto un giurista. Solo che questo è laureato in Giurisprudenza alla Federico II, con 110. E non ha master in Facebook, Telegram o Anonimus.

Preferisco il turpiloquio, quello da trivio, che almeno è spontaneo. Quelli che per fare i fighi senza esserlo (te ne accorgi subito, mettono sopra ogni cosa la loro esperienza senza saper fare nemmeno la 0 con il culo del bicchiere) dicono masturbazione anziché pippa o ditalino, che fessi. Masturbazione infatti deriva dal latino: manu stuprare. Che evoca una immagine orrenda. Uno che si stupra da solo con una zucchina o con una melanzana perché magari depressa o peggio perché glielo ha suggerito la psicologa come minimo è da ricoverare, insieme alla psicologa, possibilmente in camere separate. Cito a memoria e posso sbagliare. Il diritto canonico, che pochi conoscono, era assai più scientifico e preciso. Recitava: “plena satisfactio libidinis cum effusione seminis sine copula”. Molto elegante. Ma si fa prima tra amici a dire: pugnetta. Portare il dizionario in tribunale è da imbecilli.

Una prostituta resta puttana. Un frocio resta gay, e un negro resta nero. E un povero fesso un povero fesso. Ora come la vogliamo mettere? Mettetela come vi pare, sinceramente, non me ne frega un ca***!

Pubblicato da edizioni24

Pubblicato da ith24.it - Per Info e segnalazioni: [email protected]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.