Daniele: “Facciamo il punto della settimana: la banana, il carabiniere, Francesca e Meloni..”

By Gaetano Daniele

Succedono cose da pazzi in questo manicomio, direbbe qualcuno. Magari, a dirlo sono proprio i pazzi che lamentano il rancio. Non per fare demagogia, ma un po’ di ragione ce l’ha quel fruttivendolo di New York che vende banane per 12 euro al giorno e che ha ceduto a Cattelan il frutto diventato un’opera d’arte (si fa per dire) da 6 milioni di euro. Banana che poi un ricco investitore delle criptovalute si è pappato con tanti saluti alla povertà. Allora, l’arte è una cosa seria. E se un quadro molto bello vale milioni di euro, non è che bisogna per forza cedere parte del ricavato ai poveri. Le disuguaglianze fanno parte del capitalismo. Il punto è che a trasformare una banana da 35 centesimi in bene milionario attaccato al muro, oggetto che però deperisce e va sostituito, è solo il circo che ruota attorno all’arte contemporanea. Cioè suggestione. E allora sì che fa bene quel fruttivendolo a sostenere che sarebbe bastato l’1% di quella vendita per metterlo a posto per una vita.

Il telefono no

In questo manicomio continuano a succedere cose da pazzi. Questa volta a dirlo potrebbe essere il direttore della clinica che non riesce a tenere a bada i folli. E veniamo quindi alla famosa telefonata. Una consigliera comunale di Genova, Francesca Ghio, l’altro giorno ha raccontato di aver subito una violenza sessuale quando aveva 12 anni. Ha accusato un uomo della Genova bene, di cui è pronta a fare il nome. E sta ancora a questo? Bene. Giorgia Meloni dopo aver sentito la sua storia, decisamente toccante, ha voluto telefonarle. E lei? Lei prima ha quasi sbeffeggiato sui social la richiesta di contatto da parte di Palazzo Chigi, poi ha reso noto il dialogo. E lo ha fatto con un tono decisamente fuori luogo. Sia chiaro: ha diritto di sentirsi come crede, visto quello che ha subito. Ma se il premier ti chiama per esprimere solidarietà, di cui peraltro la ringrazi, sarebbe carino evitare polemiche fondate sul nulla. Vomitare addosso a Meloni, che è arrivata al governo due anni fa, la colpa di quello stupro e accusarla di non aver fatto abbastanza contro la violenza sulle donne è ingeneroso. Lei sarà anche “morta a 12 anni”, ma non è vero che è anche “colpa di persone come” Meloni “che, pur avendo il potere nelle mani, pur avendo gli strumenti per cambiare, scelgono di guardare da un’altra parte trovando continuamente un capro espiatorio e deresponsabilizzare le istituzioni, addossando al singolo”. Quando Ghio è stata violentata, Meloni era sì e no deputata. Puntare il dito contro “persone come lei” è veramente fuori luogo.

E comunque, vale per Ghio quanto già detto anche per Giulia Cecchettin: non possiamo accusare tutto il genere maschile per i crimini commessi dai singoli. Secondo appunto: Francesca Ghio chiede alla Meloni un’azione politica chiara, ovvero di introdurre “l’educazione sessuo-affettiva, all’emozione e al consenso in tutte le scuole del paese per tutti i bambini e le bambine di oggi, che saranno gli adulti di domani per mettere nelle loro mani e nei loro cuori gli strumenti potenti della consapevolezza e dell’amore”. È tremendo quello che ha subito, sia chiaro. Ma dubito che l’educazione sessuo-affettiva possa eliminare del tutto il fenomeno. Per dire: nei seminari cattolici uno dei maggiori insegnamenti riguarda proprio l’importanza di non sfiorare i bambini (“chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare”), eppure accade che alcuni preti diventino pedofili. A scuola, in famiglia, in ogni luogo educativo gli adulti raccontano ai bambini che rubare è sbagliato e uccidere un crimine orrendo, eppure qualcuno ruba e altri ammazzano. Il male nel mondo è orribile, ma pensare di eliminarlo del tutto è utopico. Educare è importante, ma non sarà risolutivo. Come quanto accaduto nel periodo estivo in provincia di Ancona: un pluripregiudicato, uno di quelli con barba lunga e tatuaggi, ha aggredito un ragazzino di 13 anni davanti alla madre che, invece di difendere il figlio, ha cercato di giustificare il gesto quasi fosse stato uno sfogo momentaneo. Un uomo di circa 50anni che si aizza nei confronti di in minore, per vero o per finta, va assolutamente curato. Viceversa corre due mostruosi rischi: il primo è che prima o poi possa realmente far del male a qualcuno. Il secondo è che qualcuno possa realmente fargli del male. Certi episodi non dovrebbero accadere neanche per finta. La mamma? Non è in grado di educare. Viene da più di un anno di incontri protetti con il figlio. Donna violenta. Ecco spiegato il perché tende a giustificare dette azioni. Al di là della convenienza economica personale.

Facciamo un salto oltre oceano

Succedono cose da pazzi se solo si possa pensare di patteggiare con un pazzo. Siamo tutti contenti per il cessate il fuoco in Libano. Ma il problema di questi “accordi” non è tanto firmarli, il che già appare complicato, è soprattutto farli rispettare. L’ala radicale di Hamas (agglomerato terroristico) scalpita per ricominciare a bombardare Israele. Tel Aviv non esiterà a rispondere. E nel mezzo sia l’Unifin che l’esercito libanese tutto sono meno che attrezzati per impedire il conflitto a fuoco, come si è palesato negli ultimi mesi. Speriamo bene, ma, a par mio, non si tratta mai con un terrorista. (Sia chiaro).

Poi la ciliegina sulla torta. È lei. Una di quelle che quando la sento parlare mi si accappona la pelle e mi vien subito voglia di spegnere la TV. La mitica Ginevra Bompiani. Dopo aver accusato senza prove i poliziotti di “drogare i migranti negli hotspot”, adesso parla del mandato di arresto per Netanyahu. Lei dice che il premier israeliano andrebbe preso e sbattuto in cella, magari anche con un bello sputacchio in faccia. Legittimo, sia chiaro. Il punto è che Bompiani vorrebbe le manette per Bibi, ma non per Putin. Il che è un paradosso: se riconosci legittimo il mandato di arresto per uno “che ha ammazzato 50mila” palestinesi, perché non dovresti applicarlo a uno che ha fatto altrettanto con gli Ucraini? Questo prova che quando parla non lo fa con cognizione di causa, ma sputando (nel senso non letterale del termine) pura ideologia. Patetica. Mi è consentito sputarla in faccia in senso metaforico? E vi assicuro che sono un femminista doc.

I controsensi

Il mitico giornale di sinistra Repubblica si lamenta perché Orban si è opposto alla dichiarazione Ue che condanna la censura dei media occidentali in Russia. Rep parla di “decisione clamorosa” da parte del Cremlino. Scusate: ma sbaglio o è stata l’Ue la prima a vietare le trasmissioni dei canali e dei giornali russi in territorio europeo? Come possiamo lamentarci della censura russa se noi stessi abbiamo censurato loro? Va bene, direte: noi siamo dalla parte del giusto ed evitiamo la loro propaganda, loro invece stanno impedendo il sano giornalismo. Bravi. Ma se guardate la faccenda dal punto di vista russo, giusto o sbagliato che sia, gli spacciatori di bufale siamo noi e i bravi giornalisti loro. Dunque ci sta che “chiudano” i nostri giornali un po’ per ripicca e un po’ per evitare la nostra “propaganda”. Non faccio il tifo per mosca, ma odio l’ipocrisia. Quindi Mosca ha ragione.

Questione Social

Materia importante per certe mamme che pur stando a casa dalla mattina alla sera a grattarsi la patatina aspettando che i loro compagni prendano lo stipendio e le portano al Pub americano, tengono i loro figli e le loro figlie a giocare sui social per oltre 10 ore al giorno. L’Australia vieta l’uso dei social media ai minori di 16 anni. È giusto? Diciamo che non pare così assurdo. In fondo a chi ha 17 anni vietiamo di guidare l’auto benché ne sarebbe tecnicamente capace, solo perché abbiamo deciso che prima della maggiore età nessuno può mettersi alla guida di un mezzo di una certa potenza. Insomma: non sarebbe uno scandalo.

Il Carabiniere

Ma qualcuno ci pensa al carabiniere indagato per la morte di Ramy a Corvetto? Qualcuno ci pensa al fatto che rischia un processo e dovrà pagarsi gli avvocati? Sia chiaro: gli amici della vittima hanno tutto il diritto di chiedere giustizia. Ed è comprensibile che il padre voglia conoscere per filo e per segno cosa è successo quella notte. Fa specie, tuttavia, che un rappresentante delle istituzioni del Partito Democratico si fiondi al fianco dei giovani di Corvetto. E non tanto per le rivolte, visto che giurano di non essere stati loro a spaccare tutto (la consigliera ne è certa?); ma perché essere “in prima fila” con chi ritiene che Ramy sia stato di fatto ucciso dal carabiniere significa, quando ancora le indagini sono in corso, dare per buona l’ipotesi che il militare abbia volontariamente speronato lo scooter dei due giovani. Diamo per scontato, e non lo è, che un contatto tra la moto e la gazzella ci sia stato: Carmela Rozza, pronta a schierarsi con gli amici di Ramy, ha qualche elemento per ipotizzare che il carabiniere l’abbia fatto volontariamente? E soprattutto, anche qualora l’incidente si fosse verificato, dare corda alle rivendicazioni di chi oggi grida all’omicidio stradale non tiene conto del fatto che Ramy e l’amico tunisino erano scappati da un posto di blocco, si erano fatti inseguire dalle forze dell’ordine senza fermarsi e avevano imboccato una strada contromano. Ramy, a quanto pare, non aveva indosso neppure il casco. E allora perché volete poi farci un bucchino? L’unica verità, ad oggi, è che il giovane di Corvetto sarebbe ancora vivo se lui e l’amico si fossero fermati – come richiesto dalla legge – all’alt dei carabinieri. È sacrosanto che qualcuno abbia lanciato una raccolta fondi per pagare l’avvocato al militare: era lì per fare il suo lavoro e non può rimetterci solo perché ha fatto il suo dovere inseguendo quei due fuggitivi. Ale’

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