Daniele: “Chi non lavora non fa l’amore. Travagliare troppo stanca, diamo una mano ai dipendenti pubblici”

By Gaetano Daniele

Novità per i dipendenti pubblici. La proposta è di ridurre da cinque a quattro i giorni lavorativi. Certo, siccome si annoiano tutta la settimana in ufficio è giusto che stiano a casa un giorno in più a riposarsi. Non si capisce perché tutti lavorano cinque giorni, io personalemente lavoro sette giorni su sette, invece chi è dipendente statale debba lavorare un giorno in meno. Così almeno si riposano dalla noia di non aver fatto un cazzo tutta la settimana. Ma non è tutto. Maurizio Landini firma l’Italia dei “no”, delle contestazioni e degli scioperi. Come se non bastasse la serrata che ieri ha paralizzato i mezzi pubblici cittadini, i sindacati preparano nuove proteste per paralizzare il Paese. Poveri lavoratori, non quelli pubblici, che sono costretti a sorbirsi per strada questi 4 stracciafacenti che gli impediscono di andare serenamente a lavorare.

Prossimo appuntamento: il 29 novembre con lo sciopero generale indetto dalla Cgil. Per infiammare la platea dei delegati dell’assemblea nazionale, Maurizio Landini ha detto che “è arrivata l’ora di una vera e propria rivolta sociale”. Un linguaggio sovversivo che ci ributta drammaticamente agli anni Settanta quando il confronto con l’esecutivo andava ben oltre la dialettica. Certe parole non possono essere pronunciate a cuor leggero. Hanno un peso, soprattutto in un momento come quello attuale in cui il clima è già incandescente. Ci sono, infatti, frange dell’estrema sinistra che non aspettano altro per accendersi. Frange che sono davvero pronte a portare la rivolta in piazza, spaccando tutto e picchiando duro i poliziotti mentre lo stesso Landini ha pensato bene di aumentarsi lo stipendio sfiorando i 20 mila euro al mese. In questi due anni di governo Meloni sono scene che abbiamo già ampiamente visto. Prima di invocare la rivolta sociale Landini, si fermi a contare fino a dieci. Non vogliamo che qualche esagitato lo prenda sul serio. La storia della sinistra è già sin troppo lastricata di cattivi maestri che hanno infuocato piazze finite poi nel sangue.

Ma oltre a Landini, in Italia c’è anche un certo Sigfrido Ranucci. Infatti, quando crediamo che Report abbia toccato il fondo, veniamo puntualmente smentiti. Perché al peggio, lo stiamo imparando, non c’è mai fine. Dopo inutili e vuoti servizi contro il neo ministro alla Cultura Alessandro Giuli, eccoli prendere di mira la sorella, Antonella Giuli, avanzando il sospetto che pur pagata come ufficio stampa della Camera lavori in realtà per Fratelli d’Italia e per Arianna Meloni. A Report si chiedono scandalizzati: “Cosa fa la sorella di Giuli nei suoi fine settimana?”. Più che giornalismo d’inchiesta è la pubblica gogna del sospetto. Un obbrobrio che obbliga Antonella Giuli a raccontare una questione privata che non avrebbe voluto rendere pubblica: uno dei due figli ha una “patologia curabile ma non guaribile” e così, appena ha un po’ di tempo libero, lo trascorre in famiglia. Ma che giornalismo è quello che scava nel privato, che non si ferma davanti a niente e a nessuno, che è disposto a tutto pur di abbattere un nemico? Magari nella prossima puntata ce lo spiega Ranucci rispondendo alla domanda che gli ha rivolto Antonella Giuli: “Era davvero necessario?”. Rispondo io: “No”. Solo che quando non hai nulla in mano per rompere il cazzo al prossimo, te lo inventi. Magari per accontentare il padrone.

E dopo le elezioni negli Usa, come non parlare dell’esercito degli anti Trump, le vedove piangenti di Kamala Harris. Tutti col fazzoletto in mano. E non solo i “trombati” d’America: Taylor Swift, George Clooney, JLo e vippame vario. Parliamo di Saviano, Friedman, Jebreal, l’intera redazione di La7 e poi le grandi firme di Repubblica e Stampa. E ancora: tutti quei musi lunghi che hanno fatto la spola da un talk all’altro per avvertirci che adesso il mondo è in pericolo. C’è chi vede l’America di oggi come la Germania del 1933. “Non voglio esagerare – dicono – lo scopriremo…”. Arrivano a paragonare Elon Musk a Goebbels, ministro della propaganda nazista, e quindi di conseguenza Trump a Hitler. C’è anche chi, sui social, scrive che è tutta colpa dei social perché danno voce agli ignoranti. “Come mai hanno sbagliato a votare?”, si chiedono. E poi sentenziano: “Ha rivinto la paura, la democrazia è tramontata”. Per i soloni del progressismo de’ noartri è un vero psicodramma.

Ma quello che più fa indignare, oltre gli insulti, è la spocchia con cui, schifati, dicono: “È la vittoria dell’America degli hamburger e delle patatine fritte”. Ma la sinistra è questo: un odio viscerale per il popolino e per quella bizzarra forma di governo che va sotto il nome di democrazia: “Fai quello che dico io ma mai quello che faccio io”. Ale’.

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