Cutro, i superstiti svelano dettagli inquietanti agli inquirenti: eravamo arrivati, ma gli scafisti hanno cambiato rotta e bloccato i nostri telefoni

“La presenza del governo nella sua totalità a Cutro era un segnale che andava dato, innanzitutto per rispetto delle vittime”. Lo evidenzia, in una intervista al Messaggero, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Che giudica surreali le polemiche delle opposizioni: “Rispetto alle proteste invece mi lasci precisare che io c’ero giovedì non mi pareva che fossero così prevalenti. Ho visto molti cittadini apprezzare la nostra presenza in Calabria. È surreale invece la narrazione delle opposizioni che pare abbiano più interesse a combattere il governo che i trafficanti. Tra loro in molti sembrano sostenere che il governo abbia agito colposamente, o peggio, dolosamente per favorire la disgrazia, e questo è davvero inaccettabile“.

Inaccettabile tanto più quando si va sempre più delineando il contesto nel quale il naufragio è avvenuto, provocando un numero di vittime che oggi è di 79 persone, tra cui oltre trenta bambini. I contorni del quadro si fanno più netti grazie alle testimonianze dei sopravvissuti. I superstiti hanno raccontato agli inquirenti la condotta criminale degli scafisti.

“Appena giunta vicino alla spiaggia italiana, nel tardo pomeriggio del 25 febbraio, uno scafista turco ci ha detto che eravamo giunti in Italia e che potevamo salire sopra coperta per pochi minuti – inizia così il racconto riportato da Adnkronos – di una superstite del naufragio dello scorso 26 febbraio, ascoltata lo scorso primo marzo dagli investigatori che indagano sulla tragedia. Abbiamo fatto pure un piccolo video inneggiando alla fine del viaggio anche se non riuscivamo a vedere la costa. Nonostante ciò l’imbarcazione spegneva il motore senza pertanto navigare verso costa. In quel momento” uno dei due scafisti “faceva dei video con il proprio telefono cellulare inneggiando a un trafficante asserendo che i suoi migranti erano giunti in Italia”.

“Avete chiesto perché l’imbarcazione non raggiungeva la costa?”, chiede l’inquirente alla donna. Risposta: “Lo abbiamo chiesto ma questi non rispondevano. Intanto il mare diveniva sempre più agitato e uno degli scafisti turchi ci mostrava una mappa sul cellulare cercando di tranquillizzarci e dicendoci che eravamo ormai vicini all’Italia”. “Nonostante ciò noi migranti ci stavamo un po’ agitando perché non comprendevamo il motivo per cui si stava esitando a raggiungere la costa – prosegue la superstite – Peraltro noi non potevamo nemmeno telefonare ai soccorsi perché i membri dell’equipaggio erano dotati di un sistema elettronico che bloccava le linee telefoniche. Gli scafisti invece erano dotati di una ricetrasmittente satellitare ma non chiamavano i soccorsi, peraltro gli scafisti avevano anche invertito la rotta allontanandosi”. In questa fase gli scafisti “scendevano sottocoperta a dirci di non denunciarli alla Polizia in caso di controllo ma di riferire che erano migranti come noi”.

“A un certo punto – è un altro dei racconti raccolti dagli inquirenti – io ho visto delle luci provenienti dalla spiaggia, in quel momento la barca stava navigando ad alta velocità per poi virare repentinamente. Subito dopo questa manovra l’imbarcazione si capovolgeva spezzandosi e imbarcando acqua. A questo punto è scoppiato il panico e ho appreso da altri migranti che gli scafisti erano fuggiti via con un gommone”.

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