Covid, i morti non si contano, ritardi sui vaccini e disastri nella prevenzione: il dossier che inchioda Speranza

Non ci sono più alibi. Con 43 morti di Covid per ogni milione d’abitanti, l’Italia si conferma triste primatista europea (e tra i peggiori al mondo) nella pandemia in atto da oltre un anno. Lo riconosce perfino il Corriere della Sera, che oggi ha pubblicato un dossier che inchioda il ministro della Salute, Roberto Speranzae conseguentemente i due governi che lo hanno messo (e lasciato) al suo posto.

Negli ultimi quattro mesi, riporta il Corriere, nonostante i vaccini, l’Italia è stato l’unico Paese «che ha registrato un aumento dei morti, passando dai 38 decessi per milione di abitanti a febbraio, un dato che comunque non ci avrebbe tolto il triste primato, ai 43 di marzo. E come media di mortalità stiamo peggio anche del Brasile di Bolsonaro, che nel frattempo ha cambiato quattro ministri della Sanità.

Esiste una anomalia italiana? Pare proprio di sì, secondo il dossier del Corriere. «L’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità (30 marzo) fissa a 81 anni l’età media dei pazienti deceduti tra coloro che sono risultati positivi al Covid con il tampone. Oltre il 61% dei decessi totali è di persone «over 80», il 24% riguarda i 70-79enni. Il primo studio sugli effetti potenziali del vaccino contro il coronavirus venne pubblicato già lo scorso ottobre sul New England Journal of Medicine e aveva una sola raccomandazione: mettere in sicurezza le fasce fragili della popolazione. Dopo, gli altri. A fine dicembre abbiamo cominciato ad avere gli strumenti per farlo, i vaccini. Ma l’Italia ha fatto altre scelte. Nel primo mese e mezzo di campagna, la distanza con Germania e Francia, per tacer del Regno Unito che ormai fa corsa a sé, è stata enorme».

Alla data del 19 febbraio, gli «over 80» che avevano ricevuto almeno una dose erano solo il 6% contro il 23% della Francia e il 22% della Germania. Imbarazzante il paragone con la Gran Bretagna che aveva vaccinato con una prima dose il 75% degli ultraottantenni.  La prima ondata ci colpì in un modo così violento che ancora pesa nel bilancio complessivo dei decessi. Al culmine della seconda, nello scorso dicembre, superammo anche il Regno Unito, fino a quel momento pecora nera dell’Occidente. Adesso siamo nel pieno della terza. I paragoni con il resto d’Europa sono impietosi.

«Molti sostennero che si muore tanto perché siamo il Paese più vecchio d’Europa. Ma la Germania ha un’età mediana di un anno superiore all’Italia. E anche il Regno Unito ha il 24% della popolazione ultrasessantenne contro il nostro 30%». Anche lamentarsi sul sistema sanitario, modellato sul National Health Service inglese. Tagli alla Sanità sono avvenuti anche nel Regno Unito». La differenza l’ha fatta la gestione politica, lascia intendere il dossier.

«A marzo del 2020 fummo i primi a chiudere, con una media di 54 morti da Covid al giorno, mentre la Gran Bretagna lo fece per ultima, quando già ne contava 140. Ebbe un picco terrificante, 920 morti in 24 ore, e un plateau di mortalità durato più a lungo che in ogni altro Paese. A ottobre, siamo stati invece noi a far scattare il sistema a zone quando le cose andavano molto male, con 350 morti al giorno. A Londra avevano già chiuso negozi, palestre e ristoranti da quasi due settimane, dopo aver toccato i 120 morti in 24 ore. E da allora, dopo aver fermato anche le scuole il 6 gennaio, il Regno Unito ha mantenuto restrizioni ferree. La Germania aveva preso misure simili dal 2 novembre, e dal 16 dicembre ha fatto scattare un lockdown ancora più duro. Idem per la Francia, che dal 30 ottobre ha tenuto aperte solo le scuole, fino alla recente resa, aggiungendo un coprifuoco che cominciava alle 18».

«Una ricerca della Columbia University intanto ha stabilito che se durante la prima ondata gli Usa e i Paesi europei avessero agito due settimane prima di quanto hanno fatto, avrebbero ridotto i decessi dell’85%. Anche UK, Germania e Francia si sono mossi in ritardo. Ma a differenza nostra, da allora hanno mantenuto le loro misure di contenimento in modo costante».

«Un recente studio elaborato dal ministero della Salute, dall’Istituto superiore di sanità e dalla fondazione Bruno Kessler disegna alcuni scenari possibili per il nostro Paese. Andando avanti con le attuali restrizioni, e a patto di vaccinare mezzo milione di persone al giorno per ordine di età, è ipotizzabile un ritorno alla normalità entro agosto». A patto di avere i vaccini. Cosa che è tutt’altro che scontata.

Pubblicato da edizioni24

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