Coronavirus, “contagio attraverso i surgelati” È allarme mondiale

La decisione del governo della Nuova Zelanda di imporre un nuovo lockdown dopo i primi 4 casi di coronavirus a oltre 3 mesi dagli ultimi deve inquietare anche il resto del mondo. La prima ministra Jacinda Ardern forse cede agli allarmisti reintroducendo pesanti restrizioni alla libertà di movimento a Auckland, visto che si tratta di un focolaio “privato”, legato a una famiglia che non aveva viaggiato all’estero, ma il dato più significativo sarebbe la modalità di contagio.

Il virus secondo le autorità sanitarie che stanno indagando sul caso, sarebbe stato veicolato nel negozio in cui lavora il padre,  che fa parte della catena Americold, società di stoccaggio e trasporto a temperatura controllata di surgelati alimentari con sede ad Atlanta, in Georgia (Usa).

Il Covid, dunque, sarebbe stato “importato” dagli Usa con i prodotti surgelati. Nessun pericolo nell’ingerimento degli alimenti: il vero rischio, spiega al Corriere.it Claudia Picozzi, ricercatrice del Dipartimento di Scienze per gli alimenti, la nutrizione e l’ambiente dell’Università di Milano, viene in realtà dal packaging, il contenitore degli alimenti surgelati. “Non si registrano segnalazioni di trasmissione tramite il consumo di cibo” conferma l’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ma il virus resisterebbe bene alle basse temperature. Se chi maneggia il packaging è positivo, rischia dunque di lasciare tracce del virus sulla confezione e renderla vettore di contagio tra i clienti dei negozi e dei supermercati. Come ridurre il pericolo? Non tantoigienizzando la confezione, quanto lavandosi con cura le mani dopo averla maneggiata.

Logico però che durante la spesa questo sia un procedimento molto complicato.

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