By Giuseppe Falco (per ith24)
Per fronteggiare una emergenza come quella che stiamo vivendo in Italia, ci vogliono fatti, non chiacchiere. Tanto meno l’elemosina. I più sfortunati sono i medici e gli infermieri, costretti a lavorare in condizioni pietose: mancano finanche le mascherine. È come mandare in guerra un esercito senza armi. E, a quanto sta accadendo, a rispondere a al Premier Giuseppe Conte, ci pensa Giannantonio Sapia, un infermiere calabrese. È uno dei tanti eroi silenziosi che oggi sono in prima fila a combattere contro il Covid-19.
Agli infermieri, in segno di solidarietà, avevano promesso 100 euro in busta paga, che però non sono state ancora accreditate, come del resto a nessun cittadino, solo chiacchiere. Così, carta penna e calamaio, l’infermiera coraggioso scrive a Conte: “Caro presidente, lavoro incessantemente in un Pronto Soccorso senza misure sanitarie di prevenzione e non solo per il Covid-19. Trascuro la mia di famiglia per andare in aiuto della mia gente e per salvare vite. Qui si lavora anche 18 ore al giorno, perché siamo sotto organico da anni. La mia stanchezza cede il passo alla vita. I bisogni personali primari, non sono ammessi in situazioni come questa perché la vita degli altri ha la precedenza. La nostra gratificazione è solo il sorriso, il grazie delle persone a cui sono stato utile. A questo punto sarebbe stato più utile da parte sua – invece di elargire il premio di 100 euro – impegnarsi a fornire tutti i presìdi e gli ausili necessari per combattere questo nemico invisibile. Sarebbe stato sufficiente. Ma domani, sperando venga il più presto possibile “cosa ricorderanno quelli che tra di noi rimarranno? 100 euro? Presidente, mi scuso per questo sfogo, ma ora vado a riprendere la mia guerra al fronte inerme”.