Confusione totale sul Covid, a Roma le carte su Conte che non lasciano spazio a interpretazioni

A tre anni esatti la parola passa ai tribunali. Il 23 febbraio del 2020 Bergamo si sveglia impestata dal Covid 19, diventa il cluster che infetterà l’Europa mentre a Palazzo Chigi nessuno sa che pesci pigliare. Il balletto sulla mancata chiusura della Zona rossa tra Alzano e Nembro è costato migliaia di vite, ed è da qui che nell’aprile 2020 sono partite le indagini della Procura guidata da Antonio Chiappani con l’ipotesi prima di «epidemia colposa» poi diventata «epidemia colposa per reato omissivo improprio» che a quanto apprende il Giornale sono ormai chiuse.

«Dovevamo capire perché sul nostro territorio è stato così colpito per primo, dovevamo dare risposte ai troppi morti», dice sabato sera il procuratore capo in un’intervista al Tg3 regionale. Ecco perché mentre altre Procure archiviavano, il pool di magistrati è andato avanti: «È giusto che la gente sappia cos’è successo, ed è quello che abbiamo cercato di fare noi in tre anni d’indagine. Volevamo capire dov’era la criticità e purtroppo ne abbiamo trovate diverse», aggiunge il procuratore capo. La più clamorosa omissione è il piano pandemico – di competenza esclusiva di Palazzo Chigi – che non è stato aggiornato dal 2006 ma che, se applicato, poteva salvare delle vite.

E questo secondo filone, aperto a fine settembre 2020 dopo la scoperta del report indipendente dell’Oms fatto sparire perché inchiodava il premier Giuseppe Conte e il ministro della Salute Roberto Speranza e ritrovato da Robert Lingard, è quello su cui da allora si combatte una battaglia di carte bollate tra Bergamo e Roma, con il pressing dei pm della Capitale che legittimamente ne vantano la competenza. «Ci sono state gravi omissioni, eclatanti e di forte impatto, nella valutazione dei rischi epidemici e nella gestione della prima fase della pandemia», aveva detto Chiappani qualche settimana fa.

A giorni, più facilmente domani che oggi, ci sarà l’ennesima riunione in Procura per capire come muoversi e decidere, sembra in via definitiva, sui provvedimenti da notificare. Nel mirino ci sono una ventina di indagati. Oltre Conte e Speranza ci sarebbero manager ed ex dirigenti della sanità nazionale e locale, politici e amministratori locali. Ecco perché, maligna qualcuno, si è aspettato la fine delle Regionali per evitare di condizionare l’appuntamento elettorale. Saranno i pm di Bergamo a chiedere il rinvio a giudizio di ex premier e ministro della Salute e degli altri indagati? Cosa farà la Procura di Roma quando riceverà i corposi scatoloni con gli elementi raccolti in questi tre anni? Finirà tutto in una mega archiviazione o qualche giudice avrà il coraggio di portare alla sbarra l’esecutivo guidato da Pd e Cinque stelle, già sfiorato dai processi nati dalle rivelazioni di un coraggioso whistleblower sulle mascherine, farlocche ma sdoganate con un artificio legislativo? Lo vedremo nei prossimi giorni.

Intanto è già partito l’iter del «processo politico» a Conte e Speranza: la commissione d’inchiesta voluta da Fratelli d’Italia – che ha poteri giurisdizionali precisi – è stata incardinata e partirà ad aprile. Mentre a Roma i familiari delle vittime della Bergamasca reclamano in sede civile risarcimenti milionari. L’ennesima cambiale in bianco lasciata da Giuseppi dopo Superbonus e pasticcio su Reddito M5s.

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