Con papa Francesco scendono le donazioni. Ora il Vaticano rischia

By Nico Spuntoni

In più di un’occasione Francesco ha citato il detto secondo cui il denaro è lo “sterco del diavolo”, tuttavia le questioni economiche stanno a cuore al Papa. Lo dimostra anche la lettera inviata due giorni fa ai membri del Collegio cardinalizio. In essa il Pontefice ha rivendicato le riforme del suo pontificato e le ha messe in continuità con le richieste avanzate da diversi cardinali nelle congregazioni generali del Conclave che si concluse con la sua elezione.

Obiettivo deficit zero

La lettera, però, non si è limitata al passato ma si è concentrata sul futuro. Bergoglio ha scritto che “è doveroso ora uno sforzo ulteriore da parte di tutti affinché un ‘deficit zero’ non sia solo un obiettivo teorico, ma una meta effettivamente realizzabile”. Quella del Papa non è solo una richiesta di contenere i costi ma una manifestazione dell'”esigenza che ciascuna Istituzione si adoperi per reperire risorse esterne per la propria missione, facendosi esempio di una gestione trasparente e responsabile al servizio della Chiesa”. Francesco si è rivolto ai cardinali per chiedere di evitare il superfluo e selezionare le priorità nella consapevolezza che “oggi siamo di fronte a decisioni strategiche da assumere con grande responsabilità, perché siamo chiamati a garantire il futuro della Missione”. L’allarme sulle casse della Santa Sede lo aveva lanciato lo scorso maggio il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin che in un’intervista a “Milano&Finanza” aveva ammesso che “oggi tutti fanno fatica a sopravvivere e anche la Santa Sede non ha facilità” attribuendone la responsabilità al calo delle donazioni in arrivo dal resto del mondo.

La richiesta agli enti

La lettera del Papa ha toccato un tema specifico in un passaggio particolare dove si legge: “Le Istituzioni della Santa Sede hanno molto da imparare dalla solidarietà delle buone famiglie. Così come in queste famiglie coloro che godono di una buona situazione economica vengono in aiuto dei membri più bisognosi, gli Enti che registrano un avanzo dovrebbero contribuire a coprire il deficit generale”. Queste righe sono il vero nocciolo della lettera papale che da qualcuno è stata presentata, erroneamente, come una richiesta ai cardinali di stringere la cinghia. In realtà, al di là del generico riferimento di evitare il superfluo, le novità della lettera non riguardano i membri del collegio ma le istituzioni che compongono la Curia e che sono collegate alla Santa Sede. Da quanto apprende IlGiornale.it, l’ultima iniziativa del Papa non si qualificherebbe come l’avvertimento di un’ulteriore stretta del piatto cardinalizio, già abbassato durante questo pontificato.

Più soldi dalla Curia

Nell’ultimo bilancio relativo al 2023, il deficit della Santa Sede ha superato gli 83 milioni di euro seguendo il trend in aumento degli ultimi anni. La copertura di questo disavanzo è sempre stata garantita dall’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (Apsa), dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e dall’ormai famoso Obolo di San Pietro. La riduzione delle donazioni ammessa da Parolin a “Milano&Finanza” ha comportato un impoverimento dell’Obolo che ha indebolito anche la copertura del disavanzo. Di fronte a questo stato delle cose, il Papa ha deciso di “battere casa” a quegli enti della Santa Sede che registrano un surplus perché hanno ricavi ma non devono preoccuparsi delle spese più pesanti, visto che non sono a loro carico gli stipendi dei dipendenti. Nella lettera Bergoglio ha menzionato la “tentazione di immobilismo e rigidità di fronte al cambiamento”. Parole che potrebbero riferirsi anche alla missiva stessa dal momento che, a quanto risulta a IlGiornale.it, si trovava sulla scrivania papale da alcuni mesi. La richiesta, c’è da immaginare, non avrà fatto piacere ai capi dicastero ora chiamati tutti a contribuire alla copertura del disavanzo. Il deficit zero menzionato nella lettera è l’obiettivo duramente inseguito dal prefetto della Segreteria per l’Economia della Santa Sede (Spe), il laico Maximino Caballero Ledo che aveva spiegato all’Ansa in una delle sue rarissime uscite pubbliche: “Se dovessimo coprire questo deficit soltanto tagliando le spese, dovremmo chiudere 43 delle 53 entità che fanno capo alla Curia romana, e questo non è possibile. Quindi, dobbiamo lavorare tantissimo per incrementare i ricavi”.

Tutto fa pensare che l’iniziativa del Papa sia stata caldeggiata fortemente dalla Spe a cui, secondo più fonti, si dovrebbero le strette in Vaticano che negli ultimi anni hanno creato scontento tra i dipendenti. Tutto fa pensare che l’iniziativa del Papa sia stata caldeggiata fortemente dalla Spe a cui, secondo più fonti, si dovrebbero le strette in Vaticano che negli ultimi anni hanno creato scontento tra i dipendenti.

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