Colpo di scena: il tribunale di Napoli accoglie il ricorso degli attivisti contro Conte. Sarà una catastrofe…

Chiamatela pure, se volete, la rivincita dell’ormai famoso “uno vale uno“. Fatto sta che la decisione con cui oggi il Tribunale di Napoli ha dato ragione ai dissidenti 5Stelle sospendendo l’efficacia delle modifiche statutarie per incoronare Giuseppe Conte capo del MoVimento, ha tutta l’aria di essere destinata a squassare i già precari equilibri grillini. L’accoglimento del reclamo fa infatti crollare l’intero iter che aveva portato l’ex-premier ad essere il candidato unico alla presidenza del M5S. Più che scontata l’esultanza dei ricorrenti. «La sentenza – spiegano – ripristina il principio della necessità della partecipazione di tutti gli iscritti nell’adozione delle scelte fondamentali del nostro MoVimento».

In effetti i giudici hanno accolto la tesi dei ricorrenti. secondo i quali il meccanismo individuato per portare Conte alla guida dei 5Stelle cozzava contro i principifondamentali dello statuto. «La parità dei diritti –  commentano – è una pietra angolare del M5S e non può trovare deroga in alcun caso. Tantomeno per l’accesso alle cariche statutarie in quanto non esistono primi inter pares». Appunto, la rivincita dell’”uno vale uno”. «Ora – proseguono – confidiamo in un processopartecipativo aperto e in una riflessione sugli errori e sulle forzature fatte. Chi ha sbagliato deve farsi da parte». Un avvertimento sibillino che annuncia, di fatto,una imminente resa dei conti.

Già, ma intanto che succede se Conte è delegittimato? «Il Movimento è decapitato, senza nessun uomo al comando. L’unica cosa che possono fare ora la può fare Beppe Grillo», spiega Lorenzo Borrè, l’avvocato degli attivisti. Sempre il legale indica la strada all’ex-comico: «Indire le votazioni del comitato direttivo del M5S, come fece lo scorso 29 giugno. E ripartire da lì. Solo dopo aver votato il nuovo comitato direttivo, si possono eleggere i nuovi membri del comitato di garanzia, i probiviri, ecc.. Qualsiasi altra decisione può essere facilmente impugnata. Insomma, la parola al popolo pentastellato».

La decisione del Tribunale partenopeo cade in un contesto interno mai così ingarbugliato e rissoso. Lo confermano le ormai quotidiane scintille tra lo stesso Conte e Luigi Di Maio, che neppure la mediazione di Beppe Grillo riesce più a spegnere. Si può perciò scommettere che il ministro degli Esteri abbia appreso la notizia della sentenza con animo tutt’altro che affranto. La sua fronda, prima sotterranea, è diventata pubblica dopo la partita del Quirinale. E con le dimissioni dall’incarico di presidente del Comitato dei garanti l’ha addirittura dichiarata. La sentenza odierna aggiungerà ora altra benzina al rogo che ormai da sfondo alla saga grillina

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