Choc al Csm: invece di essere sospeso viene promosso un magistrato che girò le spalle ai disabili

È scontro al Csm sulla «promozione» di un magistrato. Su cioè quelle famose valutazioni di professionalità che sono finite nel mirino della riforma Cartabia perché quasi sempre e quasi tutte positive. Ieri sul tavolo del plenum è arrivata quella di un magistrato che era finito sotto procedimento disciplinare, da cui poi è stato assolto, per non aver controllato, in qualità di giudice tutelare, l’attività di un amministratore di sostegno che anziché fare gli interessi di minori disabili si è intascato per anni i loro soldi. Per dieci anni ha potuto svuotare i conti correnti di persone fragili che invece avrebbe dovuto tutelare, ma non c’era nessuno a controllarne l’operato. Ieri è finita con il «sì» alla promozione del magistrato che doveva sorvegliare. Solo cinque consiglieri hanno votato “no” contro 15.

Contro quella che è stata definita una “difesa corporativa” delle toghe. L’ennesima valutazione di professionalità concessa e che non si doveva concedere, hanno detto in plenum il consigliere Nino Di Matteo e il laico Stefano Cavanna. Quest’ultimo, genovese, è stato durissimo su una vicenda che aveva «scioccato» proprio il tribunale ligure e le associazioni disabili.

Il magistrato promosso dal Csm, Paolo Viarengo, era il giudice tutelare che aveva il compito di controllare l’attività di Roberto Mina, condannato in via definitiva per aver sottratto circa 500 mila euro a minori con fragilità. Viarengo, che aveva in quanto giudice tutelare una funzione di garanzia sulle attività degli amministratori di sostegno, era finito sotto procedimento disciplinare al Csm perché per tre anni non aveva preteso da Mina il deposito dei rendiconti sulle sue attività di tre casi da lui seguiti. Rendiconti che avrebbero svelato le anomalie, tanto che poi è stato lo stesso Viarengo a mandare le carte in Procura.

Il Csm lo aveva assolto nel procedimento disciplinare perché anche se è risultato «pacifico che aveva omesso di controllare l’operato di Mina, con conseguente danno patrimoniale per gli amministrati», e dunque con una «grave violazione» accertata, nei fatti non era nelle condizioni di poter controllare perché aveva un carico di lavoro «sproporzionato rispetto a quello gestibile da un singolo giudice tutelare». C’erano infatti in quella sezione 9.500 procedure affidate a due soli giudici. Viarengo era materialmente oberato. Per questo ieri a maggioranza il magistrato è stato promosso, perché «la colpa è del sistema non del singolo magistrato che è l’ultima ruota del carro», hanno detto i consiglieri togati. Di Matteo e Cavanna hanno invece attaccato la difesa dei colleghi. Viarengo, hanno detto, aveva l’obbligo di lanciare un allarme, di avvertire «per vie formali» della situazione insostenibile dell’ufficio e dell’incapacità di poter garantire lo svolgimento del proprio lavoro, soprattutto in una sezione così delicata per i diritti. Una situazione di cui il magistrato avrebbe invece solo parlato oralmente con i superiori. «Inaccettabile» per Cavanna, «allora diciamo cioè che in magistratura comunicazioni di importanza vitale possono essere fatte oralmente? Nel privato questo non esiste. La sfortuna è che io sia genovese e che sappia di cosa stiamo parlando. Quella sezione famiglia era impenetrabile a ogni richiesta. Nessuno ha controllato finché non è scoppiato il caso». Questa logica per cui «la colpa non è mia, la colpa non è di nessuno – dice il consigliere laico – mi pare una posizione sindacalista più che corporativa, che, fra l’altro, annulla la funzione alta della magistratura a presidio della giustizia e dei diritti dei più deboli. Che c’entrino (con il via libera alla promozione, ndr) le incombenti elezioni al Csm?».

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