[Choc a Bari] Arrestato Giuseppe De Benedictis e Alessandro Chiarello, giudice il primo e avvocato il secondo che ricevevano soldi in cambio di assoluzioni

Soldi in cambio di assoluzioni, per sentenze meno pesanti, e per far uscire di prigione delinquenti incalliti. Tra il giudice per le indagini preliminari Giuseppe De Benedictis e l’avvocato Giancarlo Chiariello, entrambi baresi, arrestati ieri dai carabinieri e portati in carcere con l’accusa di corruzione in atti giudiziari, il sistema era consolidato, o almeno così ritengono gli inquirenti. In manette anche Danilo Pietro Della Malva, considerato il principale corruttore ed esponente di rilievo di un gruppo di narcotrafficanti. L’inchiesta è iniziata dalle confessioni di alcuni “pentiti”. Tra i 12 indagati, tra Bari e Foggia, anche il figlio 30enne dell’avvocato Chiariello, Alberto, anche lui avvocato e nella cui casa è stato trovato un milione 300 mila euro in tre zaini. Durante la perquisizione a casa del giudice De Benedictis, invece, sono stati trovati dai 2 ai 16 mila euro – in totale 60 mila – nascosti nelle prese elettriche.

Di questa vicenda colpisce il capo d’imputazione, ancor più odioso perché i fatti contestati si intrecciano col crimine organizzato, ma impressiona ancor di più la tranquillità con la quale agivano gli accusati. Secondo la direzione distrettuale antimafia di Lecce la prassi era la seguente: Chiariello entrava nella stanza del giudice e chiedeva di potergli parlare, questi si alzava, metteva il cellulare nel cassetto e raggiungeva l’avvocato. Ciò, hanno evidenziato gli inquirenti, «quasi sempre in concomitanza di una scarcerazione» di un cliente del legale. Ma i due molte volte si sarebbero incontrati per parlare perfino nel bar di fronte al tribunale. Il 9 aprile, episodio confessato dallo stesso magistrato, De Benedictis è andato nello studio dell’avvocato per riscuotere la mazzetta dopo aver ordinato i domiciliari nei confronti di Antonio Ippedico, condannato per associazione mafiosa. Subito dopo il giudice si è recato nel suo ufficio, dove gli investigatori avevano già nascosto alcune telecamere, e ha aperto la busta con dentro 6 mila euro, mettendoseli in tasca. Quindi sono entrati i carabinieri. 

Questo stralcio di telefonata intercettata il 12 aprile tra il magistrato e un amico fa riferimento all’episodio: «Venerdì Chiariello mi dette una cosa da studiare e qualche soldo. Come scesi dallo studio stavano i carabinieri. Perquisito, perquisizione, corruzione. Che vergogna quando uscirà tutto suoi giornali». La telefonata prosegue: «Mi sono dimesso per evitare il carcere», dice il giudice, «però la misura la devo fare, speriamo che mi fanno i domiciliari. Mi sono dimesso, vediamo quando mi devono prendere, comunque considerando che per questo reato il minimo sono 6 anni, 4 me li devo prendere».

Uno dei punti ritenuti chiave nell’inchiesta è la scarcerazione del pregiudicato barese Roberto Dello Russo, avvenuta a giugno 2020 e che De Benedictis avrebbe concordato sempre con Chiariello, avvocato difensore. «Va bene, quello non ti preoccupare», avrebbe detto il legale al magistrato pretendendo la conferma della disponibilità al passaggio di denaro: l’accordo sarebbe stato chiuso a 18 mila euro. «Dicio’, mi tolgo tutto io, va bene?». Chiariello pur di raggiungere l’accordo avrebbe rinunciato all’onorario. «Fai prima guerra mondiale, dai», la risposta del giudice, ossia – stando all’accusa – 15-18, gli anni della guerra. Il denaro sarebbe stato consegnato il 3 luglio 2020 nell’ascensore di casa dell’avvocato. Agli atti c’è anche l’intercettazione del colloquio tra il pregiudicato Della Malva (difeso da Chiariello) – come dicevamo uno dei 3 arrestati – e la moglie: «Ho speso 30 mila euro e mi sono comprato il giudice». Nel provvedimento d’arresto a carico di De Benedictis c’è scritto che «in attesa della prevista restrizione cautelare» – ormai la dava per scontata – «non disdegnava l’ennesima dazione corruttiva. Delinque fino all’ultimo momento, e oltre».

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